Dalle piste imbiancate dell’Alto Adige ai flash dei tornei più prestigiosi del mondo. La strada di Jannik Sinner sembra uscita da un romanzo sportivo, uno di quelli dove il protagonista parte in silenzio e arriva, passo dopo passo, in cima. Capelli rossi, sguardo freddo quando serve, il resto è un mix di talento, disciplina e quella leggerezza che ogni tanto gli illumina il volto. Ma dietro ai dritti fulminanti e alle finali da brividi c’è un mondo fatto di piccole manie, rituali, abitudini da ragazzo normale.
I segreti di Jannik Sinner
Il sonno, ad esempio. Per lui non è un vizio: è allenamento. Dieci ore a notte, e nei giorni di partita pure una mezz’ora di riposo extra, poche ore prima di scendere in campo. Poi, un gesto immancabile: andare in bagno. Lo chiama “rito scaramantico”, scherza, ma se non riesce a farlo lo considera “un problema”. E quando è già in partita? Ecco l’immagine diventata un’icona: Jannik che sgranocchia una carota cruda durante il cambio campo. Una scena ripetuta così tante volte da far nascere i Carota Boys, tifosi in arancione che ormai sono parte dello spettacolo.
Fuori dal tennis resta legato a casa. Adora la cotoletta alla milanese della nonna, il sapore e i ricordi che porta con sé. Negli anni, grazie al coach Simone Vagnozzi, ha aggiunto anche gli arrosticini alla lista delle sue passioni culinarie. E quando vince, qualche strappo alla regola se lo concede eccome: hamburger, patatine, Coca-Cola e un dolce — tiramisù o gelato, dipende dall’umore. Dopo una sconfitta pesante, invece, c’è stato pure un barattolo intero di caramelle gommose. “Avevo bisogno”, ha raccontato ridendo.
Oggi Sinner è il simbolo del tennis italiano. Ma più delle classifiche, lo raccontano i gesti: la stessa dedizione di quando da bambino alternava sci e racchetta, lo stesso sorriso di allora. Un campione che non ha perso il filo con chi è, capace di stare sotto i riflettori senza smettere di essere semplicemente Jannik.