Spotify continua ad aumentare i prezzi e gli abbonati accusano il colpo: quanto costa adesso beneficiare dei servizi premium sulla popolare app di streaming musicale.
Ascoltare musica è uno dei piaceri della vita e farlo comodamente in ogni posto in cui ci si trova senza dover accendere la radio e sorbirsi le chiacchiere spesso fini a se stesse dei programmi radiofonici è sempre stato un lusso costoso. Fino a qualche anno fa per fare questo era necessario acquistare gli album delle band o degli artisti preferiti, oppure delle compilation contenenti i successi più ascoltati dell’anno o dell’estate.

Oggi la situazione è molto più favorevole, poiché si può ascoltare musica utilizzando le applicazioni come YouTube (esiste la sezione Music in cui non è necessario vedere il video), Spotify, Apple Music o Amazon Music. Ciò che accomuna tutte queste applicazioni è che se si vuole ascoltare musica gratuitamente, bisogna accettare che le selezioni vengano interrotte da intermezzi pubblicitari (ad eccezione di Amazon Music che però prevede il costo dell’abbonamento ad Amazon Prime).
Per godere dunque della musica preferita senza intromissioni e fastidiose interruzioni anche oggi è necessario pagare. I servizi in abbonamento sono tendenzialmente convenienti rispetto all’acquisto di album e singoli, ma comunque comportano un esborso mensile che sommato a quello di altri servizi streaming può diventare ingombrante.
Quanto costa l’abbonamento a Spotify dopo l’aumento di inizio agosto
Ciò che sorprende di questi continui aumenti dei costi di abbonamento è che vengono giustificati con la necessità di coprire le perdite. Spotify possiede il 31% del mercato musicale (nel settore streaming) ed è il servizio di punta nel settore di riferimento (oltre 600 milioni di utenti) ed è in vantaggio notevole su Apple Music che si trova al secondo posto con il 15%.

Stiamo parlando inoltre di un mercato in costante espansione, in cui i ricavi sono in continuo aumento, eppure Spotify lamenta perdite milionarie ad ogni trimestre. Il paradosso è che gli artisti che cercano di sfruttare la vetrina di simili applicazioni si lamentano che il pagamento delle royalties per gli ascolti dei loro brani sono troppo basse per ottenere dei ricavi utili a sostentarsi.
A farne le spese è il consumatore che adesso per un abbonamento individuale dovrà sborsare 11,99 euro al mese, per uno Duo (utilizzabile da due persone) 16,99 euro al mese, per uno Family addirittura 20,99 euro al mese. Ciò significa che annualmente la spesa va dai 143,88 euro dell’abbonamento individuale ai 251,88 euro all’anno – rispettivamente il costo di 7 e 12 album musicali ad inizi anni 2000 – il tutto senza la possibilità di scegliere quando spendere quel denaro se non si vuole rimanere scoperti dal servizio.
Con la prospettiva che simili aumenti possano continuare a presentarsi nei prossimi mesi o anni, appare evidente che il servizio streaming illimitato può solo diventare meno conveniente ogni anno che passa. Alla lunga, insomma, molti utenti saranno costretti ad accettare il compromesso pubblicitario, probabilmente sempre più invadente per permettere al fornitore del servizio di compensare il numero di abbonati paganti in diminuzione.