PIPPO BAUDO | Le cause della sua morte

L’avvocato Giorgio Assumma non è stato solo il legale di Pippo Baudo, ma anche un amico fraterno. Ed è lui, dalle pagine del Corriere della Sera, a raccontare gli ultimi giorni del grande conduttore, morto a 89 anni. Ne viene fuori un ritratto sincero: un uomo fragile, con rimpianti che pesavano, ma capace fino all’ultimo di regalare un sorriso.

Niente malattia lunga, niente incidenti improvvisi. “Pippo aveva un indebolimento neurologico alle gambe – spiega Assumma – che lo condizionava molto. Vedeva poco, cercava di nasconderlo: mi riconosceva dalla voce”. Negli ultimi mesi aveva vissuto quasi da recluso, nella sua casa. Uscite rarissime, se non per il compleanno di Pingitore del Bagaglino. Preferiva le lunghe telefonate, e lì si lasciava andare. “Gli raccontavo barzellette, lo sentivo ridere”.

Ma dietro quel sorriso c’era un dolore che non se n’è mai andato. “Era un uomo che viveva dell’apprezzamento degli altri”, dice Assumma. Lo vide piangere, nel 1987, quando l’allora presidente Rai Enrico Manca lo definì “nazional-popolare”. Una ferita profonda, mai rimarginata. Intorno ai 75 anni fu bollato come un volto del passato: perse sicurezza, lo definì il periodo peggiore della sua vita.

E poi l’addio alla Rai. Un episodio rimasto inciso: “Lo accompagnai ad Arcore da Berlusconi… Pippo rimase in silenzio. Si sentì tradito da quella che per lui era come una madre”. E quando gli chiesero di un erede, Baudo fu netto: “Stefano De Martino. Ha capito come parlare al popolino”.

Assumma si commuove solo ricordando il momento finale: “Io che non mi commuovo mai, mi sono commosso vedendolo nella bara, con il suo smoking”. L’ultimo saluto a un uomo che, per mezzo secolo, ha incarnato la televisione italiana.

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