In pochi mesi è diventata ovunque la “mania del momento”. I Labubu, pupazzi pelosi con i denti aguzzi, sono esplosi anche in Italia dopo aver fatto impazzire l’Asia e l’America. Nati come giocattoli da collezione, sono diventati un fenomeno culturale: virali sui social, sdoganati persino sulle passerelle, indossati da modelle e star durante le fashion week. Il risultato? Alcune edizioni limitate sono sparite in poche ore e oggi viaggiano a cifre folli: in Italia si tocca quota 3.000 euro per i pezzi più rari.
Dietro il fenomeno c’è la cinese Pop Mart, che sta vivendo mesi da record. I conti parlano chiaro: nel primo semestre 2025 i ricavi sono saliti del 204% su base annua, toccando quasi due miliardi di dollari, con utili quadruplicati. A fine 2023 la società valeva poco più di 3 miliardi, oggi la capitalizzazione ha superato i 47 miliardi, più di Mattel e Hasbro messi insieme.
Eppure non mancano i dubbi. “Oltre un terzo dei ricavi dipende da Labubu – spiega Gabriel Debach, analista di eToro – ed è la classica concentrazione da manuale. Se l’hype si spegne, l’impatto è immediato”. In Cina i media statali hanno già acceso i riflettori sulle “blind box”, paragonandole al gioco d’azzardo e spingendo per regole più severe sui minori. Intanto il mercato secondario fa il resto: in America il set “Three Wise Labubu” è stato battuto da Sotheby’s a 28mila dollari, mentre su eBay in Italia i modelli griffati Gucci o Coca-Cola volano a 700 euro.
Per gli esperti siamo davanti a dinamiche che ricordano sneaker rare, action figure e persino gli NFT: prezzi gonfiati dalla scarsità artificiale e dalla voglia di avere l’oggetto “del momento”. Funziona finché dura, ma basta un cambio di vento per trasformare un pupazzetto da migliaia di euro in un ricordo impolverato sullo scaffale. La sfida di Pop Mart, adesso, è dimostrare che il Labubu non è solo una moda passeggera.