Il 2025 si caratterizza come l’anno in cui uno strumento essenziale per la cura dei cittadini, il Fascicolo Sanitario Elettronico, entra pienamente in vigore. Ma ci sono ancora gravi lacune per renderlo operativo al meglio
Dopo oltre tredici anni di lavorazione, il primo atto formale è del 2012 mentre la definizione dei contorni e dei lati è datata 2015, nel 2025 è entrato pienamente in vigore uno strumento decisivo per il funzionamento del Servizio Sanitario Nazionale (e di quelli regionali), il Fascicolo Sanitario Elettronico.
Il FSE, l’acronimo dello strumento informatico ha lo scopo di raccogliere in un unico servizio in cloud, quindi raggiungibile via web con autenticazione, tutti i dati personali, i documenti sanitari, le analisi, le ricette, i referti e le prenotazioni necessari alle proprie cure.

Il suo valore è duplice. Da un lato consente ai sanitari che devono curare una persona di avere, immediatamente, a disposizione tutta la sua storia clinica. Riducendo così tanti i tempi per la diagnosi quanto i costi per arrivarci. Da un altro lato, oltre a consentire un risparmio di tempo importante, permette di tenere traccia di ogni accesso ai propri dati.
Medicine introvabili, il ruolo del Fascicolo sanitario elettronico
Il problema è che nonostante una storia informatica e amministrativa molto lunga il Fascicolo Sanitario Elettronico, dati della Fondazione Gimbe viene utilizzato solo dal 42% dei cittadini italiani. O meglio, il 42% ha dato il consenso al suo utilizzo e quindi la funzione reale viene, inevitabilmente a ridursi sensibilmente.

Ma non tanto nella sua funzione legata a chi ha dato il consenso a raggiungere i propri dati quanto per tutta quella parte che prevede la creazione di statistiche e di cure comuni per determinate aree e determinate patologie. Basti pensare cosa sarebbe accaduto se nel 2020 avessimo già avuto il Fascicolo Sanitario Elettronico pienamente operativo. Quindi storie cliniche immediatamente disponibili, cure e vaccini più rapidi. L’esatto opposto di quanto accade ora in molte regioni.
Nel Sud e nelle Isole, ad esempio, sempre secondo i dati della Fondazione Gimbe l’uso è inferiore al 30% dei cittadini. Un fattore che genera caos nelle ricette, ormai solamente elettroniche, nell’appropriatezza delle prestazioni per non tacere dei ritardi tanto nell’erogazione dei farmaci quanto nella riduzione delle liste di attesa. In sostanza abbiamo tra le mani uno strumento valido e sicuro ma lo scarso utilizzo lo rende quasi una trappola per chi non ne approfitta.