Albania

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Introduzione

Territorio

Popolazione

Divisioni Amministrative e Città Principali

Economia

Ordinamento dello Stato

Musica

Kanun

Storia

Sviluppi Recenti

Cifre

Informazioni Utili

Photo Gallery

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Introduzione

L'Albania (albanese Shqipërië, "Paese delle aquile"), stato dell'Europa sudorientale è situato nella sezione occidentale della penisola balcanica. Confina a nord con la Repubblica federale di Iugoslavia, a est con la Repubblica ex Iugoslava di Macedonia, a sud-est con la Grecia; è bagnata dal mare Adriatico a nord-ovest e dal Canale di Otranto a sud-ovest. Ha una superficie di 28.748 km² e un’estensione costiera di 362 km. La sua capitale è Tirana.

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Territorio

Cartina dell'AlbaniaIl territorio dell'Albania è prevalentemente montuoso e comprende cime di oltre 2500 m. Le uniche aree pianeggianti sono la fascia costiera – che si estende dalla città di Valona, a sud, fino al confine settentrionale, e che in alcuni tratti è paludosa – e le valli fluviali che separano la serie di massicci montuosi che si innalza nella parte orientale del paese. I rilievi comprendono da nord a sud le Alpi Albanesi, corrispondenti alla propaggine meridionale delle Alpi Dinariche, il massiccio del Korab (2.764 m) e quello del Tomorit. Il territorio è montuoso anche a sud di Valona, dove la costa è alta e rocciosa.

Idrologia

I principali fiumi del paese sono il Drin, il Seman, lo Shkumbin e il Mat, che hanno corso breve e carattere torrentizio. Numerosi sono i laghi, i maggiori dei quali si estendono lungo i confini settentrionale e orientale: il lago di Scutari, a nord-ovest, condiviso con il Montenegro, e quelli di Ocrida e di Prespa a est, situati rispettivamente al confine tra Albania e Macedonia e tra Albania, Macedonia e Grecia.

Clima

L'Albania presenta un clima tipicamente mediterraneo lungo le regioni costiere, con inverni miti e umidi ed estati calde e secche. All'interno prevale un clima di tipo continentale caratterizzato da marcate escursioni termiche stagionali. La media delle precipitazioni, che si verificano in prevalenza durante i mesi invernali, è di circa 1000 mm lungo la costa e di circa 2500 mm sui rilievi settentrionali.

Flora e Fauna

La vegetazione è caratterizzata da specie tipiche della flora mediterranea lungo la costa, dove crescono ulivi e piante sempreverdi e agrumi. Il territorio interno è invece prevalentemente occupato da foreste di latifoglie – querce (Quercus macedonica) e carpini (Carpinus betulus) che, a quote più elevate, lasciano posto ai faggi (Fagus silvatica) – e conifere, che coprono circa il 36,2% (2000) della superficie del paese. La fauna selvatica che popola le regioni interne è costituita prevalentemente dall’aquila, dal lupo e dal cinghiale.

Problemi di Tutela dell'Ambiente

Sebbene, in passato, l'Albania sia stata notevolmente deforestata, negli anni Novanta questo processo è rallentato fino quasi ad arrestarsi. Il 36,2% (2000) del paese è attualmente coperto di boschi. Il terreno coltivabile costituisce il 25,5 (1998) della superficie totale del paese, che viene anche in gran parte utilizzato per il pascolo. L’intensa deforestazione, il pascolo del bestiame non controllato e le frequenti inondazioni hanno incrementato notevolmente il processo di erosione del suolo. Soltanto 84.000 ettari (2000) di territorio albanese sono protetti (ovvero il 2,8% della superficie totale). I parchi nazionali, tutti di recente formazione, sono nove.

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Popolazione

La popolazione albanese presenta una composizione etnica estremamente omogenea, rappresentata per il 98% da albanesi, un gruppo che si ritiene discenda dagli illiri, popolazione indoeuropea che abitava un tempo la regione. Al gruppo albanese appartengono i gheghi, stanziati a nord, e i toschi, che abitano le aree meridionali del paese. Esigue minoranze sono rappresentate da greci, slavi, turchi, zingari e bulgari.

Nel 2001 la popolazione dell'Albania era di 3.510.484 abitanti, con una densità di 122 unità per km2. Il tasso di accrescimento annuo è tra i più elevati d'Europa (0,88% nel 2001). Prima della seconda guerra mondiale la popolazione rurale era nettamente prevalente rispetto a quella urbana; a partire dal dopoguerra si è verificato un progressivo incremento della popolazione urbana, la cui percentuale rimane comunque una delle più basse d’Europa (circa il 39% nel 1999).

Lingua e Religione

Gli albanesi parlano una lingua del tutto estranea agli altri idiomi balcanici, appartenente alla sottofamiglia del tracio-illirico, parte delle lingue indoeuropee, e suddivisa in due idiomi prevalenti: il ghego al nord e il tosco al sud, quest'ultimo adottato come lingua ufficiale di stato dopo l'istituzione del governo comunista nel 1944 (vedi Lingua albanese).

Nel 1967 il governo albanese abolì tutte le istituzioni di carattere religioso. In precedenza il 70% della popolazione era di fede musulmana, il 20% di fede greco-ortodossa e il 10% di fede cattolica. La libertà di culto fu ufficialmente ripristinata nel 1990. Oggi i musulmani rimangono la maggioranza (circa il 73%), seguiti dai greco-ortodossi (circa 17%) e dai cattolici (10%).

Istruzione e Cultura

L’istruzione primaria è gratuita e obbligatoria dai 7 ai 15 anni. Nel 1995-1996 vi erano in Albania 558.101 studenti iscritti alle scuole primarie. Il tasso di alfabetizzazione era, nel 2001, del 98%. Dal 1991 sono attivi alcuni atenei: il Politecnico e l'Università di Tirana, con una importante facoltà di agraria, e l'Università di Scutari.

Nel 1988 l'Albania possedeva 45 biblioteche statali, fra le quali la più importante è la Biblioteca nazionale di Tirana, fondata nel 1922, che conserva oltre un milione di volumi. La capitale è inoltre sede delle compagnie nazionali di teatro, opera e balletto, oltre che dei più importanti musei albanesi. Sito archeologico di rilievo è quello di Butrinto, città fondata dai greci che conserva importanti reperti storici.

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Divisioni Amministrative e Città Principali

L’Albania è divisa in cinque regioni – Scutari o Settentrionale, Tirana-Durazzo, Elbasan-Berat, Valona o Sudoccidentale e Coriza – a loro volta suddivise in distretti.

Città principale e capitale del paese è Tirana (244.200 abitanti nel 1990); altri centri importanti sono Durazzo, centro portuale e industriale, Elbasan, centro del commercio agricolo, l'antica città di Scutari e Valona, la più importante città portuale del paese.

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Economia

L'Albania ha sviluppato, a partire dal 1951, un'economia basata sulla collettivizzazione delle risorse e dei mezzi di produzione attraverso la realizzazione di piani quinquennali. Negli anni Ottanta l'insuccesso di questi ultimi ha indotto a potenziare l’agricoltura e le esportazioni. Il prodotto interno lordo si aggirava nel 1999 intorno ai 3.676 milioni di dollari USA, pari a circa 1.090 dollari pro capite.

Agricoltura e Allevamento

La riforma agraria, iniziata nel 1945 e conclusa nel 1967, ha portato a una trasformazione del paesaggio rurale. I terreni coltivati corrispondono a circa un quinto della superficie del paese; i prodotti principali sono frumento, mais, orzo, barbabietola da zucchero e patate, oltre a tabacco, cotone, viti e ulivi. L’agricoltura rimane comunque il settore su cui si basa l’economia albanese. All'allevamento, soprattutto ovino, è destinato circa il 14% della superficie totale del territorio.

Risorse Forestali e Pesca

Ingente è il patrimonio forestale dal quale si ricava soprattutto legname destinato al mercato delle costruzioni. La pesca è un settore attivo sia in mare sia nei fiumi, dove si pesca in particolare lo storione, da cui si ricava il caviale.

Risorse Energetiche e Minerarie

Il paese è ricco di riserve minerarie e l'attività estrattiva rappresenta un'importante risorsa economica che poggia sulla presenza di giacimenti di cromo, di cui l'Albania è uno dei maggiori produttori mondiali, di rame, nichel, carbone e fosfati. Relativamente fiorente è l'estrazione di petrolio.

Industria

L'industria è attiva nei settori siderurgico, chimico, meccanico, tessile e alimentare; i prodotti principali sono sigarette, cemento, vino e carta. I numerosi fiumi che scorrono nel territorio albanese hanno favorito lo sviluppo di impianti per la produzione di energia idroelettrica.

Trasporti e vie di Comunicazione

Le comunicazioni interne si svolgono prevalentemente su strada (18.000 km nel 1999) e la rete ferroviaria, la cui prima linea entrò in funzione nel 1948, è oggi di 720 km. L'unico fiume navigabile è il Buenë, che scorre a nord-ovest del paese. I porti principali sono quelli di Durazzo, Valona, Sarandë e Shëngjin. Tirana è sede dell'unico aeroporto del paese.

Politiche nazionali in agricoltura, allevamento e pesca

Attualmente l’agricoltura è il settore più importante nell’economia nazionale albanese. Il contributo dell’agricoltura nella produzione interna lorda (PIL) è del 55% e il 40-45% della manodopera lavora in agricoltura. L’Albania è infatti un paese principalmente rurale per quanto il recente fenomeno dell’immigrazione interna dalle campagne verso le città costiere abbia ridotto notevolmente la popolazione rurale (dal 84.1% nel 1923 al 64.5% nel 1990). E’ inoltre interessante rilevare che l’Albania è un paese con un basso rapporto di terra coltivabile verso il totale della terra, cosi come uno dei paesi con un livello alto di popolazione in età di lavoro impiegati in agricoltura. Questo significa che la terra rappresenta un fattore limitato nell’attuale produzione mentre la manodopera impiegata nel settore  è relativamente in eccesso.

Il settore agricolo conosce ancora oggi molti problemi, in parte derivati da una strategia non chiara nell’assegnazione di proprietà sulla terra. La frammentazione attuale della terra, in combinazione con l’insicurezza per quanto riguarda il diritto di proprietà, ha reso difficile sinora l’adozione di strategie efficienti. Risolvere la questione della proprietà, attivare mercati nuovi interni ed esteri per i prodotti agricoli, meccanizzare l’attuale produzione, sostenere programmi di riabilitazione di infrastrutture necessarie allo sviluppo agricolo (come canali di drenaggio e irrigazione) sono tra le priorità dell’attuale Ministero dell’Agricoltura Albanese.

Per l’allevamento gli obiettivi primari sono rappresentati da 1. organizzazione di un sistema stabile per i prodotti dell’allevamento; 2. organizzazione di un sistema in grado di fornire servizi veterinari e zootecnici, delegando il potere alle autorità locali.

Per l’agricoltura in tutti i suoi aspetti sia produttivi che commerciali che organizzativi, le politiche promosse sono 1. appoggiare nuove tecnologie, ricerca scientifica e servizi di consulenza e informazione; 2. promuovere l’auto-organizzazione di agricoltori privati nel campo del marketing, trasporto, elaborazione, credito rurale, informazione (ad oggi esistono circa 127 organizzazioni di agricoltori); 3. promuovere la commercializzazione dei prodotti agricoli sia per il mercato interno che per l’estero attraverso una strategia dei prezzi, lavorando sulla qualità e lavorazione dei prodotti, introducendo sempre più l’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi oltre che di imputs agricoli in grado di rinnovare e migliorare la produzione; 4. agevolare l’accesso al credito per i piccoli produttori attraverso anche una rete di associazioni di risparmio/credito nelle zone rurali, che nel lungo periodo possano divenire organismi di credito rurale riconosciuti.

Per la pesca e acquicoltura occorre tenere presente che il settore della pesca in Albania include queste attività principali: pesca di mare, pesca sul litorale e nelle lagune, pesca nelle acque interne, acquicoltura, industria di lavorazione della pesca, marketing dei prodotti della pesca. La pesca si esercita principalmente nelle zone di: Shengjin, Durres, Vlore, Sarande, con circa 155 navi tutte private. Esistono circa 32 stabilimenti che svolgono attività di lavorazione e marketing dei prodotti della pesca. I principali ostacoli della pesca marittima nel nostro paese sono: 1. il prezzo alto del carburante che occupa il 70% del costo di produzione e la mancanza di pezzi di ricambio; 2. la possibilità per l’Albania di vendere i prodotti vivi di mare nei paesi membri dell’UE, cosi come  togliere il tasso del 25% che l’UE ha imposto sulle importazioni nel nostro paese; 3.  pesca con metodi illegali (dinamite, elettricità), anche pesca illegale di navi straniere, e mancanza di auto-organizzazioni dei pescatori. Nel  medio  e lungo termine le politiche si concentreranno: 1. costruzione di porti e infrastrutture portuali a Durres, Valona, Saranda, Shengjin; 2. costruzione di un nuovo porto di pesca a Durrres; 3. creazione di due centri di riparazione per le navi a Valona e a Shengjin; 4.  promuovere lo sviluppo di attività di acquicoltura intensive; 5.  costruzione di nuovi stabilimenti per la lavorazione della pesca.

L’agricoltura, allevamento e pesca obbligano ad un ragionamento sull’ambiente e sull’impatto che certe politiche hanno sull’ ambiente per quanto è l’Agenzia Nazionale dell’Ambiente ad avere competenze istituzionali in merito. Il Ministero dell’Agricoltura Albanese prevede quindi di tenere conto dell’impatto ambientale delle sue politiche e ha gia chiesto interventi immediati  soprattutto per fermare il fenomeno dell’erosione della terra, l’inquinamento dei fiumi e dei laghi, lo sfruttamento senza regole dei boschi. Uno sviluppo sostenibile dell’agricoltura, allevamento e pesca è immaginabile là dove si creano le condizioni per un reale coinvolgimento delle comunità rurali e si creano i presupposti per la promozione di forme di organizzazione comunitaria che permetta alle comunità rurali un’assunzione di responsabilità nei confronti delle risorse naturali.

Un altro aspetto importante della politica delle attuali istituzioni albanesi riguarda la possibilità di allargare la collaborazione e gli scambi commerciali con l’UE. Nel ’92 è stato infatti firmato un accordo per il commercio e la collaborazione economica con l’UE permettendo all’ Albania di poter accedere ad aiuti economici e tecnici. Oggi è forte l’esigenza di avere più protagonismo per incominciare a stabilire rapporti di reale scambio e partecipare attivamente dentro gli organismi istituzionali internazionali che si occupano del settore.

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Ordinamento dello Stato

la bandiera albaneseLiberatasi, dopo più di quattro secoli, dal dominio turco nel 1912, l’Albania fu annessa all’Italia nel 1939 e riconquistò l’indipendenza nel 1944. La Costituzione del 1946 decretò la nascita della Repubblica democratica popolare albanese, che coincise con l’instaurazione di un rigido regime comunista. La Costituzione del 1991, seguita al crollo del regime (1990), diede vita alla Repubblica d'Albania, repubblica parlamentare guidata da un presidente. Una nuova Costituzione è stata adottata nel 1998, dopo un drammatico scontro tra i due maggiori partiti politici.

Potere Esecutivo

Il presidente della Repubblica viene eletto dall’Assemblea del Popolo per un mandato di cinque anni; è rieleggibile una sola volta. Egli nomina il presidente del Consiglio dei ministri ed è comandante in capo delle forze armate.

Potere Legislativo

Il sistema legislativo è basato sull’Assemblea del Popolo (Kuvendi Popullor), organo unicamerale composto da 155 membri (di cui 115 eletti mediante voto diretto e 40 attraverso un sistema proporzionale) che restano in carica per un termine di quattro anni. L’Assemblea elegge il presidente della Repubblica e controlla l’operato del governo attraverso l’istituto della fiducia. Le prime elezioni libere multipartitiche si tennero nel 1991. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 18 anni di età.

Potere Giudiziario

Il sistema giudiziario fa capo al ministro della Giustizia e prevede una Corte Suprema, il cui presidente è eletto dall’Assemblea del Popolo per un termine di quattro anni. Al ministro della Giustizia spetta il compito di verificare l’organizzazione e il funzionamento dei tribunali. La pena di morte è stata abolita nel 1999.

Istituzioni Periferiche

L’Albania è divisa in cinque regioni, a loro volta suddivise in 26 distretti (che diventeranno 36 con un nuovo ordinamento amministrativo attualmente allo studio).

Difesa

Il servizio militare è obbligatorio per tutti i cittadini maschi abili a partire dai 19 anni di età. Le forze armate contano circa 70.000 effettivi.

Forze Politiche

Dalla metà degli anni Quaranta sino alla fine degli anni Ottanta l'unico partito legale fu quello comunista, il Partito del lavoro. Dall’introduzione del multipartitismo nel 1990, nel paese sono comparsi diversi partiti; i maggiori sono il Partito socialista (Partia socialiste ë Shqipërisë, PSS), nato dal Partito del lavoro, e il Partito democratico albanese (Partia demokratike të Shqipërisë, PDS; conservatori), tra i quali è tuttora in atto un durissimo scontro politico che sfocia spesso in atti di violenza.

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Musica

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La Musica Colta

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La Musica Popolare

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La Polifonia Vocale

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La Musica Strumentale

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I Musicisti

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La Musica Albanese in Italia

La Musica Colta

L'isolamento vissuto in passato dall'Albania non ha permesso di valutare appieno le potenzialità di un patrimonio di opere di musica colta così poco conosciuto. Tali opere infatti sono essenzialmente autoreferenziali, attingono cioè il proprio materiale da una tradizione musicale sentita come propria e quindi fonte di una identità culturale prima che musicale, piuttosto che da generiche influenze provenienti da scuole musicali slave che, per la loro importanza nella storia della musica, hanno fatto sentire il loro peso in altri paesi dell'area balcanica.
La storia della musica colta albanese ha inizio nei primi anni che seguono la fine della seconda guerra mondiale e si sviluppa secondo i dettami di una pianificazione artistica promossa dallo stato che crea delle istituzioni atte a questo scopo.

LahutaLahuta (fronte): strumento della famiglia dei cordofoni suonato con l'archetto. Nel nord del paese la lahuta, come la maggior parte degli strumenti a corda, viene principalmente utilizzata per accompagnare il canto. Nel 1954 la Casa della Cultura di Shkodra presenta al pubblico Mrika, opera di Preng Joakova, e nello stesso anno viene rappresentata l'operetta L'Aurora di Tish Daija, autore che si segnala anche per opere quali Primavera (1960), Figli dei pescatori (1972) e la più recente Vjosa (1980) composta su libretto del letterato Llazar Siliqi. Di particolare importanza Skanderbeg (1968), opera dello stesso Jakova, basata sulla figura leggendaria di Giorgio Castriota detto Skanderbeg, difensore degli albanesi contro l'invasione ottomana ed eroe nazionale.

Un impulso decisivo per le composizioni di musica strumentale è stato dato dal Conservatorio delle Arti di Tirana. Storicamente si distinguono nel repertorio albanese la prima Sinfonia (1956) di Cesk Zadeia e il poema sinfonico corale Gli eroi di Borowa (1956) di K. Kono. Segnaliamo inoltre autori quali F. Ibrahimi, K. Trako, D. Leka, T. Harapi, T. Simaku e H. Avrazi
 

La Musica Popolare

Uno studio sistematico della musica tradizionale albanese si è potuto attuare soltanto a partire dagli anni '30 grazie all'opera pionieristica di raccolta di canti e musiche del musicologo Y. Arbatsky. A causa della particolare conformazione montuosa del territorio e per le effettive difficoltà di collegamento dovute alla mancanza di grandi vie di comunicazione, la musica dell'Albania ha mantenuto intatte le sue caratteristiche e le sue forme fino alla fine dell'800. L'assenza di forti contaminazioni è rilevabile dal confronto con le comunità albanesi presenti nell'Italia meridionale. Comunità discendenti degli albanesi fuggiti dal loro paese nella seconda metà del '400 per non cadere sotto il dominio dell'Impero Ottomano e che hanno mantenuto la propria lingua d'origine e le proprie tradizioni musicali. Gli studi di Arbatski sono stati completati attraverso una raccolta di registrazioni fonografiche su tutto il territorio nazionale, compiute da numerosi studiosi di folklore ed etnomusicologi a partire dalla fine degli anni '50, che costituiscono il corpus principale dell'Archivio dell'Istituto di Cultura Popolare (A.I.K.P.) dell'Accademia delle Scienze di Tirana.
 

La Polifonia Vocale

Albania si caratterizza musicalmente per una ricchissima tradizione di polifonia vocale. Questo tipo di melodie polifoniche è solitamente cantato da due, tre o quattro voci, eseguite da cori di soli uomini o di sole donne, senza accompagnamento strumentale e spesso contraddistinte dall'intervento di un bordone. A questi esempi vanno aggiunte alcune esecuzioni per voci miste che, sebbene presenti anche nel repertorio tradizionale, sono andate progressivamente aumentando dopo la liberazione del paese e la creazione di uno stato socialista avvenuta nel 1944.

L'area di estensione delle polifonia vocale comprende l'intera parte meridionale dell'Albania che si estende dal fiume Shkumbini fino ad arrivare alla regione della Cameria.Questa zona viene a sua volta divisa da due differenti sistemi polifonici, il lab che comprende le provincie di Telepena, Vlora, Argirocastro e parte della Saranda, e il tosk che partendo dal fiume Viosa arriva fino al fiume Shkumbini, abbracciando i territori di Struga, Ohri e perfino Prespa in Macedonia.

Se il lab si distingue per il frequente uso di recitativi e contrappunti, per la dissonanza e la fluidità delle voci che rispettano una metrica stabilita, il tosk al contrario possiede una ritmica libera e un andamento delle voci con intervalli musicali più ampi ed elementi ornamentali che ne arricchiscono le melodie. Il repertorio, è costituito per la maggior parte da canti di argomento storico dal forte sapore nazionalista e da canti di origine contadina di argomento amoroso, satirico, oppure da ninnananne.
 

La Musica Strumentale

La musica strumentale albanese viene utilizzata con funzioni di accompagnamento durante canti e danze o in orchestre denominate saze. In generale, nel nord del paese è presente una radicata forma musicale di canto epico, la cui versione più antica e conosciuta è il Poema degli eroi (Rapsodi Kreshnikë), dove un cantante-narratore viene accompagnato da strumenti a corda, mentre nel sud, proprio per l'impronta polifonica dei canti, la funzione degli strumenti è più orientata verso un virtuosismo improntato all'esecuzione degli assolo. Gli strumenti a fiato sono usati indifferentemente in tutto il paese negli assolo. Gli strumenti albanesi inoltre hanno una distribuzione eterogenea e spesso per struttura e tecnica di esecuzione non trovano riscontro nelle tradizioni e nel folklore dei paesi limitrofi. A titolo di esemplificazione possiamo citare la lahuta (strumento a quattro corde doppie, suonato con il plettro), il bakllamaja (liuto a tre corde originario della regione di Korca e pogradec), la çiftelia (liuto a due corde molto popolare in tutto il paese) la sharkia (lungo liuto a cinque corde, utilizzato per accompagnare le danze nel Kossovo) il buzuk (liuto a sei corde gemellato con la tamboura a tre corde) i flauti culedjaria (lo strumento più antico di tutta l'Albania, risalente al V o VI secolo a. C.), bilbili (che imita nel timbro il cinguettio degli uccelli), kavalli (strumento di origine pastorale), surla (oboe usato nelle le musiche di carattere epico) e infine i tamburi di diverse dimensioni dauulja e lodra.

I Musicisti

I più importanti centri di diffusione per le formazioni di musicisti che attualmente popolano la scena albanese sono la città di Korçë, da dove proviene Eli Fara, la più amata e famosa cantante del sud del paese, conosciuta anche all'estero per le sue numerose tournée europee, e la piccola cittadina di montagna Përmet che ha dato i natali a due celebri musicisti popolari dell'Albania, il clarinettista Laver Bariu, tuttora residente nella piccola Përmet e Remzi Lela, ora trasferitosi nella più cosmopolita Tirana nonché leader del gruppo che vanta il maggior numero di incisioni discografiche, la Famille Lela de Përmet. Per quanto riguarda la tradizione del canto epico del nord del paese, gode di una lusinghiera fama il cantore e suonatore di sharkia Althus Bytyci. La valorizzazione del patrimonio musicale albanese è stata attuata nel corso degli anni attraverso la gestione del governo comunista che ha progressivamente modificato il panorama musicale con una precisa pianificazione delle risorse culturali e attraverso la creazione di istituzioni come la Lega degli Scrittori e Artisti d'Albania.. Le orchestre tradizionali si sono ampliate comprendendo organici sempre più ampi, la chitarra e la fisarmonica hanno fatto il loro ingresso nelle formazioni già da tempo, preludio all'avvento di strumenti elettrici ed elettronici. Un'occasione di incontro dei musicisti più tradizionalisti con le nuove generazioni è costituito dal Festival di Gjirokastër (Argirocastro), che si svolge ogni cinque anni ed è organizzato dalla RTSh, la radio-televisione albanese.

La Musica Albanese in Italia

L’insediamento degli albanesi in Italia risale al XV secolo, quando per non cadere sotto il dominio dell’Impero Ottomano, a più riprese intere comunità fuggirono nell’allora Regno di Napoli. Secondo uno studio recente sono attualmente 94 i paesi caratterizzati da una forte presenza di profughi albanesi quando non addirittura fondati dagli albanesi stessi e sparpagliati principalmente tra Calabria, Puglia e Sicilia: per la precisione cinquanta in Calabria, diciannove in Puglia, , nove in Sicilia, otto in Molise, sei in Basilicata, due in Campania e uno in Abruzzo. L’idioma delle comunità albanesi in italia è il tosk, che accomuna tutto il sud dell’Albania fino al fiume Shukumbini e sul quale si basa la lingua ufficiale albanese. Tuttavia il gegh, idioma delle regioni settentrionali non è ancora del tutto scomparso.

Gli albanesi d’Italia si definiscono arbëresh mentre il nome comunemente usato in Albania è shkipetar (derivato da Shkipja, l’aquila, emblema della nazione). Un forte attaccamento alla cultura d’origine ha lasciato spazio, con il passare del tempo, a una lenta ma progressiva assimilazione alla cultura italiana che però può dirsi avvenuta completamente solo negli ultimi decenni.
Elementi della cultura d’origine hanno avuto modo di conservarsi attraverso la lingua, la religione, nello specifico il culto greco ortodosso, e alcune forme di ritualità ancora in uso presso una parte delle comunità come ad esempio la celebrazione del matrimonio secondo la cerimonia tradizionale arbëresh.
Il processo di avvicinamento alla cultura italiana da parte delle comunità albanesi ha evidenziato quindi il passaggio da una condizione di conservazione delle proprie radici in un contesto come quello italiano non riconosciuto pienamente come proprio ad una integrazione come quella attuale che può definirsi completa e che tenta di mantenere e valorizzare il patrimonio culturale albanese non come valore "etnico", ma come "capitale culturale" utilizzabile come elemento di distinzione. In questo contesto si inserisce il ruolo della musica albanese oggi. Le comunità insediatesi in Calabria e Basilicata hanno principalmente tramandato un repertorio polivocale a due, tre o quattro voci mentre nel resto del meridione è prevalso il repertorio monodico. Tali caratteristiche di base sono confluite sin dai primi anni sessanta in gruppi folkloristici che se da una parte hanno senz’altro contribuito a rivitalizzare una tradizione musicale che andava scomparendo di certo non si sono distinti per rigore filologico.

Le motivazioni legate alla promozione delle risorse turistiche locali che hanno accompagnato i gruppi foklorici hanno creato negli ultimi anni non solo la certezza di una spendibilità sul mercato del turismo della cultura albanese ma anche una consapevolezza riflessa sulla possibilità di questa eredità culturale di diventare uno strumento in più di autodefinizione rispetto ai paesi limitrofi. La musica albanese è diventata dunque uno dei mezzi a disposizione delle comunità per modellare la propria identità anche attraverso forme culturali non autentiche.
 

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Kanun

Lek Dukagjini era una principe delle regioni nordiche dell'Albania. Visse nel 1500 e mise ordine nelle antiche norme giuridiche che regolavano i rapporti degli abitanti di quelle regioni. Il codice, notevole per il contenuto assolutamente razionale, riflette magistralmente l'indomito e nobile spirito del popolo albanese. La sua applicazione rimase in vigore, tra le popolazioni delle montagne, fino alla proclamazione dell'indipendenza albanese nel 1912.

Per dare un'idea del Kanûn (Codice delle Montagne) citiamo qualche norma:

Sull'onore

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Il Kanun non fa distinzione fra uomo e uomo, un'anima vale quanto un'altra; davanti a Dio non c'è differenza.

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Il disonore non si vendica con compensi, ma con spargimento di sangue o con perdono generoso.

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Il nemico non amarlo, ma del suo onore abbi riguardo.

Sull'ospitalità

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La casa dell'Albanese è di Dio e dell'ospite.

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All'ospite si deve fare onore offrendogli il pane, il sale ed il cuore.

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Per un ospite molto caro occorre il tabacco, il caffè con zucchero, l'acquavite, la carne.

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L'ospite che entra nella tua casa è prosciolto da ogni debito.

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All'ospite, anche se fosse l'assassino dei tuoi familiari, dovrai dirgli "sii il benvenuto!".

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È sentenza di legge: "Si perdona l'offesa al padre, al fratello e perfino ai cugini che non lasciano eredi, ma l'offesa fatta all'ospite non si perdona mai".

La besa o tregua

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È legge mandare mediatori e chiedere la tregua. Concederla è un dovere e cosa degna di uomini forti.

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La besa è quella norma che prevede un periodo di libertà e di sicurezza, che la famiglia della vittima accorda all'omicida obbligandosi a non inseguirlo, a scopo di vendetta, fino al giorno convenuto.

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La besa, inoltre, ha anche il significato di solenne promessa, impegno d'onore. Può essere individuale o collettiva. Si ricordi la besa collettiva proclamata dalla Lega di Prizren nel 1878. Nel corso del periodo stabilito, diciotto mesi, in Albania non si registrò alcun reato, eppure il paese era stato abbandonato dai Turchi, in balia di sé stesso e senza l'amministrazione statale, sostituita dall'applicazione del Kanûn.
 

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Storia

L'Antichità

L'Impero Romano

Il Medioevo

La Dominazione Bulgara e gli Angioini

Scanderbeg

I Veneziani

La Crociata

I Legami con l'Islam

L'Indipendentismo

Il Re Zogu

Le Due Guerre Mondiali

La Repubblica Popolare e Enver Hoxha

La Caduta del Regime

La Caduta di Berisha

Forte Instabilità

L'Antichità

Si ritiene che gli albanesi discendano dagli illirici, popolazione indoeuropea che si stanziò nell'area occidentale della penisola balcanica verso la fine dell'età del Bronzo. Varie ricerche etnologiche infatti hanno definitivamente stabilito le origini illiriche dell'Albania. La tradizione fa derivare il nome Illiria da Illyrios, figlio di Cadmo e Armonia, personaggi della mitologia greca. Gli illiri abitarono la regione nord orientale del mare Adriatico.

Nonostante una lunga frequentazione con i Greci, che avevano fondato colonie a Epidammo, Apollonia, Alessio e Lesina, gli Illiri rimasero barbari feroci esercitando la pirateria in grande stile. Le loro scorrerie s'intensificarono nel III secolo a.c. culminando con la costituzione di un avamposto, insediato tra l'Illiria greca e la Dalmazia, che si può considerare la prima forma di stato degli antenati degli Albanesi. Si tratta del regno degli Ardiei (Ardianët), che il re Agroni ampliò riunendo molte tribù illiriche, fino a costituire uno stato con la capitale a Shkodra (Scutari). Alla morte di Agroni, l'erede al trono Pineu era un fanciullo, fu quindi la regina madre Teuta a reggere le sorti del regno. Energica ed intelligente, Teuta era determinata a continuare le gesta del marito; fece allestire una consistente flotta corsara che imperversò in tutto l'Adriatico, depredando le colonie greche di Epidammo (oggi Durrës - Durazzo), Corcina (Corfù) e Apollonia.

Le aggressioni provocarono, nel 229 a.c., la reazione dei Romani, che inizialmente tentarono la via diplomatica inviando presso la regina Teuta due ambasciatori per negoziare la fine delle incursioni piratesche. La regina, non solo disattese le richieste dei Romani, ma fece uccidere uno degl'inviati del Senato. Questi avvenimenti furono la causa di una serie di guerre, che portarono alla riduzione del regno degli Ardiei in Provincia romana. Il regno illirico, che si estendeva dalla costa dalmata fino alle regioni litoranee dell'odierna Albania, era uno dei più importanti stati dell'antichità e raggiunse l'apice del potere con re Agron (250-230 a.C.). Divenne in seguito una potenza navale molto temuta dai romani, le cui navi venivano spesso depredate dai pirati illirici. Nel 168 a.C. Roma conquistò l'intero regno illirico, che collegava Roma a Bisanzio attraverso la via Egnatia.

L'Impero Romano

Successivamente, negli anni 49-48 a.c., Diocleziano divise l'Illiria in due province: la Dalmazia, con capitale Salona, e la Praevalitana, con capitale Shkodra (Scutari). Nel 395, quando l'Impero Romano fu a sua volta diviso in due parti, la provincia Praevalitana e la provincia Epirus Nova vennero assegnate all'Impero d'Oriente, sotto l'egida, quindi, di Bisanzio.

Abito tradizionale albaneseLa dominazione romana significò per l'Albania soprattutto sviluppo: edifici, monumenti e strade; vestigia tuttora conservate nel paese. Molti imperatori romani furono d'origine illirica: Diocleziano, Costantino, Giuliano l'Apostata e Giustiniano. Tuttavia, per le caratteristiche del paese, costituito per due terzi da montagne, gli abitanti dei territori meno accessibili non subirono l'influenza dei romani, ma conservarono le antiche forme di vita e le usanze tribali.

Tra il 390 e il 917, in successione, le province vennero invase da Visigoti, Unni, Ostrogoti e Slavi, che provocarono quasi la scomparsa da quei territori degl'Illiri. Sopravvissero solo gli abitanti delle zone più impervie ed isolate, che in epoca medievale s'identificavano con il nome di "Albanoi".  Simeone, zar dei Bulgari, nel 917 conquistò l'Albania, che rimase sotto dominazione bulgara fino all'XI secolo, quando ritornò bizantina con l'attuale nome. Verso la fine dell'XI secolo i Normanni di Roberto il Guiscardo invasero l'Albania, ma furono scacciati dopo poco tempo. Fu proprio a causa di questi continui scontri tra invasori che gli Albanesi cominciarono a costruire un sistema feudale di cui il primo esempio fu il Principato di Arbëria (Albania) a Krujë. Tra il 1190 ed il 1216 si alternarono, in successione tre principi: Progrom e i figli Gjini e Dhimitri. Il principato ebbe però vita breve poiché venne assorbito da una signoria con a capo il despota dell'Epiro, Michele I Angelo Comneno.

Il Medioevo

Giorgio Castriota ScanderbegCon la divisione dell'impero nel 395 d.C., l'Albania entrò a far parte dei domini d'Oriente. Durante questo periodo i porti del paese, come quello di Durazzo, divennero importanti centri di scambio. In seguito al declino dell'impero, le province illiriche furono invase da tribù nomadi desiderose di impossessarsi delle aree occidentali dei Balcani: i goti e gli unni nel IV secolo, i bulgari nel V e gli slavi nel VI e VII secolo. Molti abitanti delle province si spostarono verso sud, concentrandosi prevalentemente nelle impervie zone montuose che erano al tempo dominio dell'impero bizantino.

Dal 917 al 1019 l'Albania venne annessa al regno dei bulgari. Fra l'XI e il XII secolo il territorio fu invaso dai normanni e, in seguito alla IV crociata (1204), dominato da Venezia. Dopo una seconda dominazione bulgara il paese fu conquistato dai serbi alla fine del XIII secolo. Alla caduta dell'impero serbo nella battaglia di Kosovo (1389), i Balcani passarono sotto il dominio turco.

La Dominazione Bulgara e gli Angioini

Intanto, mentre i Veneziani cominciavano ad insediarsi sulle coste, ancora una volta i Bulgari imposero il loro dominio su gran parte dell'Albania con Giovanni II Asen (Kalojan o Calogiovanni) della dinastia bulgara-valacca.

Nel 1346, Stefano IX Uros IV Dushan, imperatore dei Serbi, che si era alleato con Giovanni Cantacuzeno, conquistò l'Albania e magnificò il suo ambizioso disegno facendosi incoronare imperatore dei Serbi, dei Romani, dei Bulgari e degli Albanesi. Tra il 1366 ed il 1421 si stabilì a Scutari e Durazzo la dinastia dei Balsha (Balsha I, Strasimir e Giorgio I, a Scutari e Balsha II a Durazzo).

Nel XIII secolo Elena, figlia del principe dell'Epiro, Michele VIII Paleologo, sposò Manfredi, re di Sicilia e gli portò in dote alcuni possedimenti albanesi. Nel 1266 Manfredi si scontrò con Carlo d'Angiò e venne ucciso. I possedimenti di Manfredi passarono a Carlo d'Angiò, che nel 1272, a Napoli, assunse il titolo di re d'Albania. La dura dominazione angioina provocò la reazione dei Bizantini, che, con l'aiuto degli Albanesi, cacciarono i Napoletani-Angioini. Questi ritornarono in seguito con Filippo di Taranto.

La data del 21 febbraio 1272 riveste particolare importanza poiché per la prima volta si parla di regno d'Albania. Ma è anche il rinnovarsi di contatti con l'Italia, cominciati a nord con i Veneti e a sud con Iapigi e Messapi. Bisogna inoltre ricordare che l'Albania ha rappresentato, per l'Italia, una barriera ai disegni espansionistici dell'Islam.

Giorgio Castriota ScanderbegCon il declino dell'impero serbo i principi albanesi acquistarono autorità; in particolare primeggiò la potente famiglia Thopia, che s'insediò a Durazzo facendone la propria capitale per governare sull'Albania centrale. Venezia, che temeva una nascente potenza nell'Adriatico, aiutò l'imperatore serbo a conquistare Durazzo, ma Carlo Thopia, nel 1388, con l'aiuto dei Turchi, riuscì a riprendersi la città. Paradossalmente l'intromissione dei Turchi in Albania favorì i disegni dei Veneziani, i quali, ergendosi a difensori della cristianità, s'impadronirono di vasti territori albanesi. La potenza turca, tuttavia, cresceva e nel 1501 Venezia era già stata costretta a rinunciare ad ogni pretesa. Il XV secolo, da un lato, registrò l'affermarsi del dominio turco; dall'altro segnò l'inizio di un periodo della storia d'Albania con caratteristiche straordinarie, poiché le imprese e l'esempio di un condottiero sublimarono le virtù dell'intero popolo. L'eroe era Giorgio Castriota Scanderbeg (Gjergj Katrioti-Skenderbeu), nato a Krujë, nel 1405, quando l'impero ottomano era all'apogeo e l'Albania, tranne pochi territori, era sotto il dominio turco.

La politica islamica aveva componenti che stridevano con le caratteristiche degl'Illiri. L'imposizione della fede islamica, gli espropri, i balzelli, il "devshirme" (l'arruolamento forzato dei giovani per avviarli alla carriera militare e farne effettivi dell'esercito turco) determinavano sanguinose ribellioni dalle caratteristiche comuni alla guerriglia. D'altra parte, la conoscenza dei territori, ricchi di valichi strettissimi, impetuosi torrenti, dirupi e boschi impenetrabili, costituiva la premessa indispensabile per poter condurre con successo delle imprese militari contro un invasore numericamente più forte. Le rivolte erano condotte da capi locali, che non riuscirono mai a trovare una coesione dai risultati duraturi.

Scanderbeg

Tutto ciò finché non emersero il carisma ed il valore di Scanderbeg. Giovanni Castriota, padre di Giorgio Castriota Scanderbeg, principe di Krujë, fu proprio uno dei signori ribelli contro cui il Sultano turco, Murad II, infierì pesantemente. Tra l'altro, prese in ostaggio i suoi quattro figli conducendoli alla corte di Adrianopoli. Due furono uccisi, uno si fece monaco, mentre il quarto, Giorgio, abbracciò la fede islamica e venne avviato alla carriera militare.

Alla corte del sultano, Giorgio Castriota (foto), si distinse per capacità ed intelligenza, parlava perfettamente il turco, l'arabo, il greco, l'italiano, il bulgaro e il serbocroato, divenne esperto nell'uso delle armi nonché di strategia militare, guadagnando la stima e la fiducia del sultano, che gli diede un nome islamico: Iskënder Bej (principe Alessandro), che gli Albanesi tradussero in Skënderbej.

Dopo una serie di imprese militari portate a termine, brillantemente, nell'interesse dei Turchi, nel 1443, il sultano diede incarico a Scanderbeg di affrontare il voivoda di Transilvania, Janos Hunyadi (Il Cavaliere bianco) per riprendersi la Serbia, che il nobile valacco aveva liberato dai Turchi. Scanderbeg, invece, simpatizzò per la causa patriota, disattese gli ordini del sultano, e, alla testa di un gruppo di fedelissimi, si riprese il castello di Krujë, radunò i nobili e diede inizio al grande riscatto del popolo albanese. In rapidissima successione, conquistò tutte le fortezze tenute dai mussulmani.

Nel marzo del 1444, nella cattedrale veneziana di S. Nicola, ad Alessio (Lezha), una grande assise di principi albanesi, con la partecipazione del rappresentante di Venezia, approvò unanimemente la guida di Scanderbeg. Intanto il sultano Murad II, furioso per il tradimento del suo protetto, inviò contro gli Albanesi, un potente esercito, guidato da Alì Pascià. Lo scontro con le forze di Scanderbeg, decisamente inferiori, avvenne il 29 giugno 1444, a Torvjolli.

I turchi riportarono una cocente sconfitta. Il successo di Scanderbeg ebbe vasta risonanza oltre il confine albanese, il Papa Eugenio IV ipotizzò una nuova crociata contro l'Islam guidata da Scanderbeg. L'esito delle operazioni rese ancora più furioso il sultano, che affidò l'incarico di distruggere gli Albanesi a Firuz Pascià, che mosse contro Scanderbeg alla testa di ben 15.000 cavalieri. Il Castriota lo attese alle gole di Prizren il 10 ottobre 1445 e, ancora una volta, uscì vittorioso. Le gesta di Scanderbeg risuonavano per tutto l'occidente, legazioni del Papa e di Alfonso d'Aragona giunsero in Albania per celebrare la straordinaria impresa. Scanderbeg meritò i titoli di "difensore impavido della civiltà occidentale" e "atleta di Cristo".

Ma Murad II non si rassegnava, mise agli ordini di Mustafà Pascià due eserciti per un totale di 25.000 uomini, di cui metà cavalieri, che affrontarono gli Albanesi il 27 settembre 1446. Il risultato di quello scontro fu che si salvarono solo pochi Turchi e Mustafà Pascià.

Sotto la guida di Giorgio Castriota gli albanesi intrapresero una dura lotta contro gli invasori che durò oltre un quarto di secolo. Malgrado ciò, alla morte di Scanderbeg (1468), il paese, diviso in molti piccoli principati autonomi, divenne parte dell'impero ottomano e venne rapidamente islamizzato.Nel 1878 con il trattato di Berlino iniziò lo smembramento del territorio di lingua albanese in favore di Grecia, Montenegro e Serbia, al quale si oppose la Lega albanese, influenzata dalla Turchia.

I Veneziani

Le imprese di Scanderbeg, tuttavia, preoccupavano i Veneziani, che vedendo in pericolo i traffici nel frattempo stabiliti con i Turchi, si allearono con il sultano per contrastare il Castriota. La battaglia del 3 luglio 1448 vide la sconfitta dei Veneziani, che si vendicarono distruggendo la fortezza di Balsha.

Nella primavera del 1449, mosse contro l'Albania Murad II in persona alla testa di 100.000 soldati. Tra scontri ed assedi i Turchi persero metà dell'esercito e il comandante Firuz Pascià venne ucciso da Scanderbeg. Ma, se le straordinarie vittorie avevano inferto profonde ferite alle forze e all'orgoglio turco, avevano pure indebolito le forze albanesi e il Castriota, ben cosciente dei propri limiti, decise di chiedere aiuto ad Alfonso d'Aragona, che si rese disponibile riconoscendo a Scanderbeg il merito di essersi fatto carico di una durissima lotta contro i Turchi, che preoccupavano seriamente la Corona meridionale.

Maometto II, successore di Murad, si rese conto delle gravi conseguenze, che l'alleanza degli Albanesi con i Napoletani poteva produrre, decise, quindi, di inviare due armate contro l'Albania; una comandata da Hamza-bey, l'altra da Dalip Pascià. Nel Luglio del 1452 le due armate furono annientate e mentre Hamza-bey fu fatto prigioniero, Dalip Pascià morì in battaglia.

Altre incursioni turche si tramutarono in sconfitte, Skopljë il 22 Aprile del 1453, Oranik nel 1456, il 7 Settembre 1457 nella valle del fiume Mati. Infine, nel corso del 1459, in una serie di scontri scaturiti da offensive portate, questa volta, da Scanderbeg, altre tre armate turche vennero sbaragliate.

La fama di Scanderbeg fu incontenibile, al sultano turco non restò che chiedere di trattare la pace, ma il Castriota non ne volle sapere.
Nel 1458 si recò in Italia per aiutare Ferdinando I, re di Napoli, (Ferrante) figlio del suo amico-protettore Alfonso d'Aragona (il Magnanimo) nella lotta contro il rivale Giovanni d'Angiò.
Intanto, altre due armate turche comandate da Hussein-bey e Sinan-bey, nel Febbraio del 1462, mossero contro gli Albanesi costringendo Scanderbeg a rientrare in Albania, in tutta fretta, per guidare il suo esercito. Ancora una furiosa battaglia presso Skopljë vide i Turchi annientati e il sogno di Maometto II, di far giungere il potere islamico fino a Roma, infrangersi. La conclusione fu un trattato di pace firmato il 27 Aprile 1463 tra Maometto II e il Castriota. Nel 1464 Ferdinando I, in segno di riconoscimento per l'aiuto ricevuto da Scanderbeg, concesse al signore albanese i feudi di Monte S. Angelo e San Giovanni Rotondo. Intanto, la morte del Papa Pio II, ad Ancona il 14 Agosto 1464, provocò il fallimento della grande crociata che il Pontefice aveva in mente e che aveva provocato grande apprensione nel sultano. Quest'ultimo, nel Settembre del 1464, incaricò Sceremet-bey di muovere contro gli Albanesi, ma, come sempre, i Turchi furono sconfitti. Il figlio di Sceremet-bey fu catturato e rilasciato a fronte di un grosso riscatto.

La Crociata

L'anno dopo, a seguito del fallimento della crociata, il Sultano intravide la possibilità di farla finita con il Castriota, mise insieme, quindi, un poderoso esercito affidandolo ad un traditore albanese: Ballaban Pascià. Ma anche questa impresa fallì, l'esercito turco, presso Ocrida, fu messo in fuga dalle forze albanesi. Maometto II non poteva rassegnarsi, aveva piegato mezza Europa, ma non riusciva a spuntarla con Scanderbeg.

Ancora una volta, nella primavera del 1466, riunì forze imponenti, mosse contro gli albanesi e cinse d'assedio Krujë; una serie di scontri furiosi, nel corso dei quali Ballaban Pascià fu ucciso, portarono Scanderbeg ad un'altra straordinaria vittoria. Maometto II ostinatissimo nella sua lotta contro il Castriota, riorganizzò il suo esercito e, nell'estate del 1467, pose di nuovo l'assedio a Krujë, ma, dopo innumerevoli tentativi, dovette rassegnarsi a sgombrare il campo. Nonostante i successi in imprese, alcune delle quali, assolutamente straordinarie, Scanderbeg si rese conto che resistere alla pressione turca diventava sempre più difficile.

Giorgio Castriota ScanderbegLa stessa preoccupazione convinse il doge di Venezia ad inviare Francesco Capello Grimani da Scanderbeg per organizzare una difesa comune, ma l'ambasciatore veneziano non poté portare a termine l'incarico perché Scanderbeg morì di malaria, ad Alessio, il 17 Gennaio 1468.
Erede di Giorgio Castriota fu Giovanni, il figlio avuto dalla moglie Marina Donica Arianiti. Giovanni, a quel tempo, era ancora un fanciullo; si rifugiò assieme con la madre a Napoli, dove venne ospitato affettuosamente da Ferdinando d'Aragona, figlio di Alfonso.
Nel 1481, Giovanni Castriota radunò alcuni fedelissimi e sbarcò a Durazzo, osannato dal popolo, ma non riuscì a portare a termine alcuna impresa poiché i Turchi vanificarono immediatamente i tentativi del figlio di Scanderbeg.

L'Albania, dovette, lentamente, cedere al dominio turco. Molti principi, per sfuggire a stermini e deportazioni abbandonarono l'Albania e con loro, nel corso del 1503, anche quei Veneziani ai quali era rimasto qualche possedimento. Il tentativo dei Turchi, nel 1480, di arrivare ad Otranto partendo da Valona fallì poiché, contro Djedik Ahmed Basha, si mosse il re di Napoli con truppe italo-albanesi. Il disegno dei sultani turchi, di estendere il dominio islamico fino a Roma, s'infrangeva e l'Italia doveva riconoscere un grandissimo debito di gratitudine a Scanderbeg, che fece da baluardo ai progetti espansionistici Turchi.

I Legami con l'Islam

L'Albania dovette subire il dominio turco per più di quattro secoli e la convivenza con gli invasori fu sempre costellata da furiosi scontri. Tuttavia, bisogna osservare che la permanenza di Turchi in Albania produsse una dinastia, che aveva assunto segni caratteriali albanesi e che, per i legami economici e familiari emersi, era ben intenzionata a tagliare i legami con l'Islam. D'altra parte, se è vero che l'Albanese islamizzato era considerato un traditore, è anche vero che molti Albanesi s'inserirono brillantemente nella realtà turca; basti pensare a Scanderbeg. I vari pascià, che il sultano aveva insediato sul territorio albanese acquistarono una indipendenza, che risultava inconcepibile per il governo di Istanbul, che decise l'abolizione del sistema feudale e la realizzazione di un ordinamento (tanzimat) moderno, retto da funzionari statali.

Questi cambiamenti tuttavia erano subordinati alla liquidazione di quei pascià turco-albanesi resisi indipendenti e che controllavano quasi tutta l'Albania: Alì di Tepeleni, pascià di Gianina al sud e Kara-Mahmud Bushati, pascià di Scutari, a nord. Alì di Tepeleni, emerse per astuzia e ferocia; la sua voglia d'indipendenza e la tenacia con la quale riuscì a conquistarla furono un significativo esempio sia per gli Albanesi, sia per quanti conobbero le sue gesta.
Dopo che il padre perse Tepeleni, Alì, si mise a capo di bande ribelli e al servizio del sultano, che, nel 1787, lo nominò pascià di Tikkala. Successivamente, nel 1788, per i suoi meriti, ebbe il pascialato di Gianina. Sottomise l'Epiro, l'Albania e parte della Tessaglia arrivando fino alla Morea prendendo di mira i Francesi che si erano installati in Dalmazia. Appoggiò gli Inglesi e da questi ebbe, nel 1815, il porto di Praga. Nel 1819 dichiarò la sua completa indipendenza dai Turchi e mise assieme un esercito con volontari Serbi, Valacchi e Greci.
Il sultano Mahmud II decise d'intervenire. Nel 1820, sconfitto dai Turchi, Alì si asserragliò nella città di Gianina dove resistette per più di due anni. Alla fine fu ucciso assieme con i suoi quattro figli.

Nel 1830, Mehmet Reshid Pascià, Gran Visir e comandante delle forze armate turche, trucidò cinquecento notabili albanesi che aveva invitati ad un banchetto. Per questa "brillante azione" il sultano gli diede il soprannome di Shqiptar-vrasësi (Albanesicida).

L'Indipendentismo

Nel 1831 fu liquidato il pascià di Scutari, Bushati. Siamo in pieno XIX secolo, in ogni nazione si acuiva lo spirito d'indipendenza, si cercava di consolidare la propria identità, si voleva riconosciuto il diritto di ordinarsi politicamente come stato sovrano; si cercava, tra l'altro, di abbinare il concetto di lingua con quello di nazione. Queste aspirazioni non potevano lasciare indifferenti gli Albanesi, popolo al quale, in tema di oppressione, soprusi, depredazioni di ricchezze materiali e spirituali, non era stato risparmiato nulla. Nel corso di tutto l'ottocento le sorti politiche dell'Albania furono decise dalle potenze straniere e moltissimi Albanesi furono costretti ad emigrare.

Questi fatti alimentarono l'aspirazione all'indipendenza. Ad Istanbul si formò un comitato per la difesa dei diritti della nazione albanese, ne facevano parte i fratelli Abdyl e Sami Frasheri. Tuttavia per le grandi potenze, l'Albania era solo merce di scambio; infatti, dopo la sconfitta della Turchia nella guerra con la Russia, il trattato di Santo Stefano sanciva il passaggio di territori albanesi a Montenegro, Serbia e Bulgaria.

Di conseguenza il Comitato convocò a Prizren, il 10 Giugno 1878, rappresentanti da tutta l'Albania, che costituirono "la lega di Prizren", organizzazione politica dotata anche di organismo militare, che aveva lo scopo di ottenere il riconoscimento della nazione albanese come entità autonoma e unitaria. Ma, un'altra lega era sorta, che andava ad esasperare la condizione del popolo albanese: la Lega Panslavista, nata per la difesa dei diritti dei popoli slavi oppressi dai turchi.

Quell'organismo, appoggiato dalla Russia, aveva provocato sanguinose rivolte, uccisione di funzionari turchi, atti di guerriglia e conseguenti ritorsioni turche con eccidi di massa, quindi, l'intervento della Russia. Il trattato di pace che seguì doveva, innanzitutto, provvedere a risarcire gli Slavi e, poiché l'Albania era ormai considerata dagli Europei territorio turco, servì da merce di scambio in ogni negoziato. Le proteste della Lega Albanese non sortirono alcun risultato, anzi, in occasione dell'incontro, a Gjakova, dei rappresentanti albanesi con l'inviato del sultano, Ahmed Alì Pascià, questi, per la fermezza degli Albanesi nel sostenere il loro diritto all'indipendenza, fece arrestare tutti i delegati. Ma gli Albanesi attaccarono la prigione e liberarono i prigionieri. Tuttavia, il congresso di Berlino del 1878, anche se dopo molte discussioni, assegnò al Montenegro alcuni territori albanesi. La formazione, nel Gennaio del 1881, di un governo provvisorio albanese, provocò una violenta reazione dei Turchi che mossero, con ingenti forze contro gli Albanesi per consolidare il loro potere.

Gli Albanesi, con la guida della Lega Nazionale, ancora una volta dimostrarono un eroismo da leggenda che, se non sortì immediati risultati, certamente impose all'attenzione del mondo il problema albanese, che non doveva essere più considerato una questione turca.

Nel 1899, per sostenere la lotta per l'indipendenza, si costituì una nuova Lega che svolse azioni particolarmente incisive nel Kosovo. Successivamente, nel 1905, a Manastir i componenti della Lega riunirono un comitato per l'aggregazione delle popolazioni albanesi nella lotta contro l'impero ottomano. Intanto, il sultano Abdul Hamid aveva il suo da fare con i Giovani Turchi, che avevano preteso una nuova costituzione e che volevano un atteggiamento più determinato nei confronti degli Albanesi, che avevano trovato spazi nella società turca per alimentare la loro cultura e le loro tradizioni. Ad una rivolta scoppiata, nel 1910 in Prishtina, seguirono altri scontri tutti domati da preponderanti forze turche.

Una Nuova Lega

Questi eventi servirono più alla causa albanese che non agli interessi turchi, infatti, determinarono la coesione di vari gruppi nazionalisti albanesi. Bisogna tener presente che i Turchi avevano avuto, nei confronti degli abitanti del nord dell'Albania, un atteggiamento molto prudente a causa della loro fierezza e irriducibilità. Di conseguenza, quando scesero in campo i mitici Malsor, eredi superstiti degl'Illiri, che avevano mantenuto la fede cristiana e proprio per il loro carattere avevano goduto di una relativa indipendenza, con la loro risolutezza e irruenza indussero il sultano a fare delle sostanziose concessioni, contenute in una proposta, che venne respinta dagli Albanesi poiché prevedeva vantaggi solo per gli abitanti delle Alpi di Scutari di fede cristiana. In effetti si trattava di un ingenuo stratagemma per separare la parte cristiana dell'Albania da quella islamizzata. Ma la coesione era talmente solida che nemmeno la religione poté indebolirla.

Nel 1912 la Turchia era la nemica di tutti, e tutti, con il pretesto di attaccare l'impero ottomano sul suolo albanese, cercavano di guadagnare pezzi di territorio.
Erano maturati i tempi perché si potesse realizzare l'indipendenza, sogno di ogni Albanese. Il 28 Novembre 1912, a Valona, Ismail Qemali convocò il Comitato ed annunciò l'indipendenza d'Albania all'ombra della bandiera di Scanderbeg: aquila bicipite nera su sfondo rosso.

Una conferenza indetta a Londra, alla quale parteciparono tutte le potenze europee, sortì risultati contrastanti mentre tutti cercavano di guadagnare spazi per trovarsi in posizione favorevole al momento della conclusione dei negoziati. In particolare, il re Nicola del Montenegro, il 7 Febbraio 1913 attaccò Scutari, con l'aiuto dei Serbi, ma gli Albanesi, affiancati per l'occasione dal forte contingente turco ancora insediato a Scutari, respinsero gli Slavi e si presentarono alla conferenza di Londra dove ottennero un successo relativo; infatti Scutari rimase albanese, ma il Kosovo venne assegnato alla Serbia e la Çamëria alla Grecia.

Il completo ritiro dei Turchi non significò pace e stabilità per gli Albanesi, interessi contrastanti all'interno del paese rendevano impossibile qualsiasi soluzione che consentisse la governabilità. La Conferenza degli Ambasciatori di Londra decise allora di affidare il governo del paese ad un principe straniero, slegato dai poteri interni.  Una commissione di Albanesi, guidata da Esad Toptani, si recò in Germania e offrì la corona al principe Wilhelm von Wied, che, accettato l'incarico, s'insediò a Durazzo il 7 Marzo 1914 formando un governo con Turhan Pash Permeti.

Le lotte interne continuarono, una fazione particolarmente attiva, guidata da Haxhi Qamili e che disponeva di notevoli forze, si dimostrò talmente pericolosa che indusse il principe von Wied, dopo appena sei mesi, il 3 Settembre 1914, a rientrare in Germania.

Il Re Zogu

Allo scoppio della prima guerra mondiale, l'Albania fu occupata da eserciti stranieri: Francesi, Austriaci, Greci, Serbi, Montenegrini, Italiani.

Alla fine del conflitto nuove lotte interne divisero il paese. Il 14 Novembre 1920 si insediò il governo di Suleiman Delvina, che ebbe vita breve e fu seguito da quello di Iliaz Bej Vrioni, che tentò di unire il nord dell'Albania al governo centrale e di convincere Mark Gjon Gjonmarkaj, principe della regione Mirdita, a disarmare i leggendari Malsor.
Il tentativo di Vrioni fallì, ne scaturirono scontri che si conclusero con l'esilio di Gjonmarkaj in Jugoslavia.

Nel 1921 uscì dall'ombra Ahmed Zogu, ministro dell'interno sostenuto da gruppi di facinorosi, che cercò di prendere il potere. Nel 1922 fu nominato primo ministro, ma, nel 1924, Beqir Valteri, uno studente, attentò alla sua vita.
Intanto a Valona nasceva un movimento guidato da monsignor Fan Noli, autorevole esponente della chiesa ortodossa, che rapidamente si espandeva in tutta l'Albania.
Zogu, preoccupato dalla piega degli eventi, chiese asilo politico alla Jugoslavia. Purtroppo Fan Noli non ebbe il tempo di attuare il suo programma che prevedeva l'instaurazione della democrazia attraverso libere elezioni, la riforma agraria, l'assistenza sanitaria e l'istruzione pubblica, perché Zogu, dall'esilio jugoslavo, con l'aiuto delle potenze europee e l'appoggio dei latifondisti, organizzò il rientro in patria. Il 24 Dicembre 1924, fiancheggiato da forze serbe e jugoslave entrò a Tirana.

Il 31 Gennaio 1925 Zogu si fece eleggere presidente della repubblica. Nel 1926 stipulò un accordo con l'Italia e successivamente, nel 1927, un vero patto d'alleanza. Quelle intese, di fatto, misero l'Albania sotto tutela Italiana. Il 1° Settembre del 1928, Zogu si fece proclamare, dall'Assemblea nazionale, re d'Albania. Il 20 Febbraio 1931, a Vienna, subì un attentato compiuto da oppositori albanesi dal quale uscì illeso mentre morì il suo aiutante Llesh Topollai. La reazione all'influenza italiana con la conseguente chiusura delle scuole italiane e la espulsione degli insegnanti, nonché l'alleanza con francesi e inglesi determinarono la reazione del governo fascista italiano che impose a re Zogu inaccettabili condizioni. In seguito al prevedibile rifiuto opposto da Zogu, il 7 Aprile del 1939, truppe italiane invasero l'Albania e il 16 Aprile venne imposta la corona di re d'Albania a Vittorio Emanuele III. Zogu si recò prima in Grecia, quindi in Egitto, in Gran Bretagna e successivamente, nel 1955, si stabilì in Francia. Morì a Suresnes il 9 Aprile 1961.

Nel corso della seconda guerra mondiale sul suolo albanese infuriava lo scontro tra Italiani, Greci e Tedeschi mentre, in clandestinità, gruppi di partigiani comunisti e nazionalisti si andavano formando in varie città albanesi. A Korçë il movimento era organizzato da Enver Hoxha, a Scutari, a Valona operava il gruppo giovanile Zjarri, il Balli Kombetar coordinato da Alì Bej Kelcyra e molte altre cellule. Poiché le azioni erano poco incisive, il Comitato Centrale del Partito Comunista jugoslavo decise d'inviare in Albania due emissari per coordinare le attività. Miladin Popovic, Segretario del Partito Comunista Jugoslavo, responsabile della regione del Kosovo, scelse due suoi collaboratori: Emin Duraku e Fadil Hoxha.

Costoro convocarono una conferenza a Tirana, l'8 Novembre 1941, nel corso della quale si decise l'aggregazione dei vari gruppi, la fondazione del Partito Comunista Albanese, la nomina di Enver Hoxha a segretario provvisorio del P.C.A. e del Fronte di Liberazione. La fusione dei vari gruppi non sortì i risultati sperati poiché, mentre alcuni di essi ritenevano opportuna l'ingerenza dei comunisti jugoslavi nella organizzazione della lotta albanese, altri rifiutavano ogni aiuto, ritenendo che l'indipendenza dovesse essere raggiunta senza sottoscrivere obblighi. Tuttavia, tra conferenze, riunioni, trattative e scontri Enver Hoxha, alla fine, fu il capo incontrastato della lotta di liberazione e il 29 Novembre 1944 entrava, acclamato da tutti, in Tirana. È necessario, a proposito degli scontri avvenuti sul suolo albanese dopo la caduta del fascismo nel 1943, ricordare il debito di riconoscenza che gli Italiani devono agli Albanesi. La reazione dei nazisti per il "tradimento" fu durissima, per cui molti soldati italiani trovarono rifugio e protezione presso cittadini albanesi.

Le Due Guerre Mondiali

Il 28 novembre del 1912, dopo una serie di rivolte contro la Turchia, i patrioti albanesi, formato un governo provvisorio, proclamarono l'indipendenza. Durante la conferenza di Londra tenutasi il mese successivo, le potenze europee riconobbero l'indipendenza del paese stabilendo i confini del nuovo stato, eretto poi nell'aprile del 1914 in principato, del quale venne nominato governatore Guglielmo di Wied. Questi fu costretto alla fuga dal clima di opposizione interna e dallo scoppio della prima guerra mondiale. Durante il conflitto, l'Albania divenne teatro di scontri fra gli Alleati e gli Imperi Centrali: le truppe italiane occuparono Valona nel dicembre 1914 e solo nel 1920, con l'accordo di Tirana, l'Italia si ritirò riconoscendo l'indipendenza del paese.

Nei quattro anni successivi, il paese fu dilaniato da sanguinosi conflitti tra fazioni politiche rivali. Nel 1925 Ahmed Zogu ebbe la meglio e governò il paese, dapprima in qualità di presidente, ma dal 1928 con il titolo di re (mbret). Il nuovo sovrano introdusse una serie di riforme e stipulò un'alleanza politico-militare con l'Italia fascista. La pesante dipendenza economica dall'Italia portò a interferenze da parte del nostro governo negli affari albanesi finché, il 7 aprile del 1939, le truppe di Mussolini occuparono il paese; Vittorio Emanuele III fu proclamato re d'Albania.

La resistenza armata contro gli invasori italiani iniziò immediatamente. Nel 1941 fu fondato il Partito comunista albanese (Partito del lavoro), di cui divenne segretario generale Enver Hoxha, già a capo del movimento di resistenza e futura guida del Fronte di liberazione nazionale. Nel settembre del 1943, nell'eventualità di una presa del potere in caso di sconfitta tedesca, i comunisti si mobilitarono per battere le organizzazioni nazionaliste e, dopo una sanguinosa guerra civile, nell'ottobre del 1944 formarono un governo provvisorio guidato da Hoxha che nel novembre riuscì a stabilire il controllo sull'intero paese.

La Repubblica Popolare e Enver Hoxha

Enver Hoxha nacque il 16 Ottobre 1908 a Gjirokastër, antica città dell'Albania meridionale, da un'agiata famiglia di religione musulmana. Frequentò la scuola francese di Korçë e, nel 1930, si trasferì in Francia per gli studi universitari.

Enver HoxhaA Parigi ebbe modo di frequentare gli ambienti intellettuali della sinistra. Fu amico di Vaillant-Couturier, autorevole membro del Partito Comunista Francese, redattore capo dell'Humanité, giurista e scrittore. In quel clima si svilupparono in lui l'orientamento di sinistra e la simpatia per la Francia. Con grande determinazione riuscì ad emergere nelle divergenze che si determinarono tra i vari gruppi rivoluzionari.

La stessa determinazione che unita ad una indubbia intelligenza gli fecero ottenere, in Albania, il potere assoluto. Dopo le elezioni del 1945 fu presidente del consiglio e nel 1946 proclamò la Repubblica Popolare Albanese. Nel 1954 lasciò la presidenza rimanendo segretario del P.C.A. La fermezza con la quale ottenne il potere e i mezzi decisamente sbrigativi con i quali lo mantenne gli alienarono le simpatie di tutto il mondo tranne l'interesse degli Jugoslavi, che continuavano a considerare l'Albania un'appetibile preda.

Hoxha conosceva perfettamente le aspirazioni jugoslave e perciò nutriva verso Tito una forte diffidenza che, con il tempo, si trasformò in avversione. Nonostante avesse avuto solo sporadici incontri con Stalin, Hoxha, aveva per il dittatore georgiano una profonda ammirazione, che determinò l'assoluta condivisione dello "stalinismo" e la solidarietà con l'Urss. Armonia che ebbe termine con la morte di Stalin nel 1953.

L'11 febbraio 1945 fu proclamata la Repubblica popolare d'Albania. Il regime comunista diede inizio a una massiccia campagna di epurazione per eliminare gli oppositori reali e potenziali. Le proprietà private furono confiscate, tutti gli impianti industriali e minerari furono nazionalizzati e venne varata una radicale riforma agraria.

Dal 1946 al 1948 la politica estera albanese fu caratterizzata da relazioni alquanto tese con la Grecia e da una salda alleanza con la Iugoslavia. Dopo la rottura tra la Iugoslavia e l'Unione Sovietica, nel 1948, l'Albania si schierò con quest'ultima. Nel 1949 il paese fu ammesso al COMECON e nel 1955 divenne membro del patto di Varsavia.

Nel 1954 Hoxha lasciò la guida del governo, affidandola al suo segretario, Mehmet Shehu; egli continuò tuttavia a dominare la vita politica del paese come leader del Partito del lavoro. I rapporti con il blocco sovietico iniziarono a deteriorarsi verso la metà degli anni Cinquanta, quando Hoxha si rifiutò di aderire alla destalinizzazione voluta da Mosca e di acconsentire alla coesistenza pacifica con i paesi capitalisti.

Le opinioni politiche del governo albanese erano perlopiù di stampo conservatore e simili, in qualche misura, a quelle della Cina, con la quale si cercò un'alleanza verso la fine del 1960. In risposta, l'Unione Sovietica e i suoi alleati dell'Europa orientale bloccarono tutti gli aiuti all'Albania. Nel dicembre del 1961 il governo di Mosca interruppe le relazioni diplomatiche con il paese. La Cina inviò immediatamente un gruppo di esperti per colmare il vuoto creato dal ritiro dei consiglieri sovietici e prestò assistenza all'Albania per un buon esito dei piani quinquennali. Ciò consentì al paese di proseguire nello sforzo economico intrapreso.

L'invasione sovietica della Cecoslovacchia, nel 1968, costrinse il governo albanese a rivedere la propria politica estera e la dipendenza dalla Cina. Vennero normalizzate le relazioni con i paesi confinanti e con il resto dell'Europa. La riconciliazione fra Cina e Stati Uniti causò un raffreddamento di rapporti fra l'Albania e il governo di Pechino che nel 1978 sospese tutti gli aiuti all'alleato balcanico. In seguito alla rottura con la Cina, il regime di Hoxha, arroccato su posizioni staliniste, adottò una strategia di sviluppo economico isolazionista. Rimaneva aperta la questione relativa alla minoranza greca in Albania e alla provincia del Kosovo, nella Serbia meridionale, con una forte minoranza albanese.

bunker ridipinti da ragazzi albanesiLa storia d'Albania, passata e coeva, generò in Hoxha il complesso dell'invasore, pertanto qualsiasi interlocutore rappresentava un possibile attentatore alla sovranità albanese. Significativa sul tema la decisione di costruire 700.000 bunker.

Questa ossessione, alimentata da tentativi d'insediamento sul suolo albanese, da parte di Americani, Italiani e Greci, portarono l'Albania al completo isolamento dal resto del mondo. Il distacco dall'Unione Sovietica fu un processo che ebbe inizio alla morte di Stalin. Lentamente vari fattori contribuirono, nel 1960, al definitivo disimpegno. Hoxha non accettava il paternalismo che il Cremlino adottava verso la "povera Albania" e riteneva pericoloso l'idillio Kruscev-Tito seguito alla destalinizzazione, che ipotizzava una egemonia iugoslava.

A questi motivi si aggiunsero gli avvenimenti d'Ungheria e la richiesta di Mosca d'installare basi missilistiche in Albania. Tutto ciò gli consentì - nel corso delle assemblee dei Partiti Comunisti mondiali, tenutesi a Mosca nel 1960 - di criticare duramente il revisionismo di Krusciov, accusandolo di aver ceduto all'imperialismo occidentale. Inoltre denunciò la base navale russa di Valona, insediata in seguito ad un regolare trattato, come una prepotenza. Successivamente dispose l'allontanamento da Valona del contingente russo e il sequestro dei quattro sommergibili che si trovavano nel porto.

Questi comportamenti destarono l'attenzione dell'occidente che riconobbe ad Hoxha il merito di aver evitato una presenza sovietica nell'Adriatico. Il dittatore albanese non era affatto preoccupato delle eventuali reazioni russe.
La Cina di Mao respingeva qualsiasi distensione o convivenza pacifica con il mondo occidentale, pertanto Hoxha era sicuro di poter contare sull'appoggio dei Cinesi.
Mao rappresentava per il dittatore albanese l'epigono delle teorie staliniste e, quindi, la rivoluzione cinese poteva costituire un'accettabile alternativa ai nuovi indirizzi di Mosca.

La dittatura del proletariato, con tutte le conseguenze che essa portava, costituiva il credo assoluto per Hoxha. Circa la religione, si può ipotizzare che fu bandita perché il dittatore albanese era convinto che potesse generare conflitti interni.
La ripresa dei rapporti diplomatici tra la Cina e l'Unione Sovietica, nonché i colloqui con la Jugoslavia determinarono l'allontanamento dell'Albania anche dalla Cina.

L'isolamento che ne derivò non provocò preoccupazione in Hoxha, ma la convinzione che non doveva fidarsi di nessuno poiché l'indipendenza dell'Albania dipendeva dalla capacità degli Albanesi di farcela da soli. Quanto poi alla reazione degli Albanesi, fortemente provati dai continui sacrifici, il dittatore, che godeva dell'appoggio dell'esercito e disponeva di un efficientissimo apparato di polizia, reprimeva immediatamente e con durezza qualsiasi atto d'intolleranza.

Hoxha morì nel 1985. Poche luci e molte ombre coprono il regime di Enver Hoxha, forse la storia, con il distacco del tempo, potrà fornire contributi per un giudizio più rigoroso. Morto Hoxha, diventò segretario del partito e capo dello stato Ramiz Alia, che era stato uno stretto collaboratore del dittatore nonché ideologo del partito.

La situazione del paese è tuttora critica, l'isolamento, come si è detto, ha portato gravissime conseguenze. Senza aiuti, nemmeno da quei paesi con affinità ideologiche come Russia, Cina e Jugoslavia. La caduta del muro di Berlino, che ha provocato molti cambiamenti in Europa, non ha lasciato insensibili gli Albanesi. Rivolte fra gli studenti, scioperi, esodi di massa hanno reso la vita difficile al nuovo presidente costringendolo a sostanziali modifiche nella politica interna. Alia ha promosso molte riforme in senso democratico e ha indetto libere elezioni nel Marzo del 1991. In politica estera ha stabilito contatti con molti paesi europei, nonché con gli Stati Uniti. Inoltre ha fatto in modo che l'Albania entrasse nella CSCE (Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa) e ha rilanciato la vita politica lasciando che nascessero nuovi partiti.

La Caduta del Regime

Nel 1981 il premier Shehu fu accusato di spionaggio e, in seguito alla morte di Hoxha, nel 1985, Ramiz Alia assunse la leadership del Partito del lavoro. L'Albania si unì con cautela all'ondata di democratizzazione che stava attraversando l'Europa orientale alla fine degli anni Ottanta, e i rapporti diplomatici con gli Stati Uniti vennero ripresi nel marzo del 1991.

Le manifestazioni popolari antiregime e le prime fughe verso i paesi occidentali (soprattutto l'Italia) indussero il presidente Alia a indire le prime elezioni libere multipartitiche, che videro l'affermazione dei comunisti: questi, con la nuova denominazione di Partito socialista albanese, andarono al governo formando una coalizione con il Partito democratico, maggiore forza di opposizione. Le elezioni parlamentari del marzo 1992 diedero la maggioranza al Partito democratico: nell'aprile Alia rassegnò le dimissioni e il Parlamento elesse Sali Berisha primo presidente non comunista dalla seconda guerra mondiale. Venne istituito un governo di coalizione e la carica di primo ministro fu affidata ad Alexander Meksi. Nel luglio del 1992 il Partito comunista albanese venne messo fuori legge; l'anno successivo Ramiz Alia e altri ufficiali comunisti furono accusati di appropriazione indebita dei fondi statali. Per loro, nel 1993, si aprirono le porte del carcere.

L'Albania era un paese industrialmente assai arretrato, con un altissimo tasso di disoccupazione e un contesto sociale di estrema povertà che costringeva la popolazione a emigrare verso i paesi più industrializzati. Lo sviluppo economico appariva minacciato inoltre da una massiccia diffusione della criminalità: l'Albania era diventata un crocevia del traffico internazionale degli stupefacenti. In un quadro politico fortemente deteriorato, le elezioni legislative del maggio-giugno 1996 ebbero come esito la vittoria del Partito democratico del presidente Berisha, ma cinque partiti di opposizione (tra cui il Partito socialista) ne chiesero l'annullamento accusando il governo di intimidazioni e di brogli.

La Caduta di Berisha

Sali BerishaIl dissenso popolare nei confronti del regime del presidente Berisha esplose all'inizio del 1997, in seguito al colossale crack di alcune società finanziarie (probabilmente colluse con il potere politico), che bruciò i risparmi di decine di migliaia di albanesi. La situazione si rivelò drammatica soprattutto nel sud del paese, dove insorsero insieme comitati di salute pubblica e bande armate, mentre iniziava l’esodo della popolazione verso le coste italiane. Il numero dei rifugiati in Italia superò le 13.000 unità, costringendo il governo italiano a misure drastiche di contenimento, sfociate nel drammatico incidente che causò l’affondamento di un peschereccio albanese in cui morirono circa ottanta persone.

Le trattative avviate tra il governo albanese (dove nel frattempo veniva cooptato il socialista Bashkim Fino) e il governo italiano, e tra questo e i vari organismi internazionali, al fine di giungere a una normalizzazione e a una pacificazione nazionale, ebbero come esito la cosiddetta "operazione Alba": nell'aprile del 1997 un contingente militare internazionale di 6000 uomini sotto il comando italiano sbarcò in Albania con il compito di portare aiuti umanitari e di sovrintendere al processo di ricostruzione nazionale e alle nuove elezioni, tenutesi nel mese di giugno. La vittoria del Partito socialista fu duramente contestata da Berisha, che con il suo partito condusse un sistematico boicottaggio dei lavori parlamentari; alla presidenza del paese venne eletto Rexhep Mejdani, anch’egli membro del Partito socialista.

Forte Instabilità

Dopo pochi mesi di relativa calma, lo scontro tra governo e opposizione è ripreso, sfociando, nell’estate 1998, prima nell’abbandono del Parlamento da parte del Partito democratico e poi, a settembre, in una violenta rivolta dei sostenitori di Berisha, che per diverso tempo hanno mantenuto il controllo su ampie parti del Nord dell’Albania. La rivolta di settembre, per alcuni osservatori un vero e proprio tentativo di colpo di stato, non è stata causata semplicemente dallo scontro interno al paese, ma anche dalla situazione del vicino Kosovo, andata progressivamente deteriorandosi dal 1989, anno in cui il neopresidente serbo Slobodan Milošević aveva revocato l’autonomia alla provincia a maggioranza albanese.

Alleato dalla sua fondazione dell’Esercito di liberazione del Kosovo (UÇK), Berisha rimproverava al governo socialista di non sostenere la causa degli albanesi della vicina provincia serba. Nelle successive trattative con il governo, Berisha pretese e ottenne le dimissioni del primo ministro Fatos Nano (che fu sostituito da Pandelj Maiko, un giovane membro del Partito socialista) e respinse la nuova Costituzione, approvata da un referendum svoltosi in novembre ma boicottato dall'opposizione. In un clima di incerta stabilità e di gravissima crisi economica, a partire dall’estate 1998 l’Albania fu però totalmente coinvolta dagli sviluppi del conflitto in Kosovo, diventando il retroterra dell’offensiva dell’UÇK.

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Sviluppi Recenti

Alla fine di marzo 1999, in seguito al fallimento delle trattative tra le comunità serba e albanese del Kosovo a Rambouillet e all’inizio dell’attacco aereo della NATO contro la Serbia, l’Albania è stata investita dall’impetuoso flusso di profughi in fuga dalla guerra, che ha accolto sul suo territorio con il sostegno organizzativo ed economico dei paesi partecipanti all’operazione “Allied Force” (Forza Alleata). Confidando in una rapida integrazione del paese nelle strutture militari, politiche ed economiche occidentali, l’Albania ha messo a disposizione della NATO tutto il suo territorio.

Il paese oggi vivere una fase di minore instabilità rispetto al recente passato. Instabilità dovuta alla fragilità del suo sistema politico e delle sue istituzioni e all’aspro contrasto tra governo e opposizione (che, alleata con la parte più estremista del nazionalismo albanese kosovaro e macedone, persegue un disegno di ulteriore destabilizzazione della regione, mirato alla riunione delle popolazioni albanesi kosovare e macedoni in una “Grande Albania”), ma anche alla diffusione di una criminalità organizzata, spesso strettamente intrecciata ai partiti e alle strutture dello stato, che in pochi anni ha trasformato l’Albania in uno dei nodi principali dei traffici internazionali delle armi, della droga, del denaro sporco e di ogni sorta di tratta (clandestini, prostitute, schiavi). Questa situazione si è riflette pesantemente sull’economia del paese, che dipende ormai quasi esclusivamente dai proventi delle attività criminali, dalle rimesse degli emigranti (circa il 15% della popolazione) e dagli aiuti internazionali.

A causa dei forti contrasti interni al Partito socialista, nell’autunno del 1999 il primo ministro Pandelj Maiko è stato costretto a lasciare sia la guida del partito (assunta da Fatos Nano), sia quella del governo, alla quale è stato chiamato il vice premier Ilir Meta. Attualmente il governo è retto dal primo ministro Fatos Nano.

Transizione Economica

L’Albania è definita un “Paese in transizione” sin dalla caduta del regime comunista nel 1991 e il suo avviarsi verso una democrazia di tipo occidentale. La crisi politica del ’97, creatasi in seguito al crollo delle finanziarie, e la crisi del Kosovo nel ’99, che ha costretto il paese ad affrontare il peso di più di 400.000 profughi, sono stati gli eventi che hanno più colpito il processo di transizione degli ultimi anni.

Oggi, nonostante i molti aiuti dall’esterno, l’Albania rimane il paese più povero di Europa, messo a dura prova dalla criminalità organizzata, dalla violenza diffusa e dalla crescente emigrazione. Tuttavia, in cerca di una propria identità culturale e nazionale nonché di una strada verso uno Stato di Diritto.

L’Albania è oggi una repubblica parlamentare con il Presidente eletto dal Parlamento e le funzioni di governo esercitate da un Consiglio dei Ministri presieduto dal suo Presidente. Governo e Presidente sono espressione della maggioranza parlamentare.   Dal 1998 essa possiede una Costituzione adottata per mezzo di referendum popolare e dal 31 luglio del 2000, anche una legge che da un approccio di  decentramento amministrativo dello Stato definisce le funzioni dei governi locali.

Il clima politico non sereno che caratterizza l’Albania di questi anni, è alimentato dalla polarizzazione tra i due maggiori partiti politici: il partito socialista, erede del partito comunista albanese e il partito democratico, nato da un sentimento forte di anticomunismo. Le elezioni amministrative dello scorso 1 ottobre hanno riconfermato  la posizione dei socialisti, al governo dal  1997. Solo il Partito Democratico non ha riconosciuto i risultati delle elezioni che sono invece stati confermati dall’OSCE e dalla Comunità Internazionale.

Dall’inizio della transizione, l’economia albanese ha attraversato periodi alterni. Dopo la grave crisi degli anni 1989-1992, che vide andare in rovina interi complessi industriali,  abbandonare le campagne e smantellare molti servizi, l’economia del paese conobbe quello che in molti definirono il “miracolo economico albanese”. Negli anni 1992-1996  l’Albania venne considerata modello tra i paesi ex-comunisti per la sua stabilità di governo, l’inflazione a livelli quasi europei (la caduta del regime aveva portato l’inflazione al 226%), il tasso di crescita del PIL. Con il crollo delle finanziarie nel 1997, la Comunità Internazionale capì che in Albania non si era mai sviluppato un sistema produttivo credibile ma, al contrario, una stasi produttiva preoccupante, un’illegalità diffusa, una democrazia incerta e viziata da tendenze autoritarie. Con le finanziarie cadeva per gli albanesi il mito di democrazia = soldi facili = libertà illimitata, che era cresciuto e  si alimentava con i proventi  degli altissimi  interessi delle finanziarie.

Le elezioni politiche del giugno ’97 dettero inizio ad un periodo di relativa stabilità economica nel quale le politiche di aggiustamento strutturale ripresero il loro corso, portando ad un nuovo abbassamento dell’inflazione. Purtroppo,  il taglio della spesa pubblica, utilizzato come meccanismo di aggiustamento  ha ulteriormente gravato sui gruppi di popolazione  più vulnerabili. Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, l’occupazione nel settore pubblico è scesa ad un terzo rispetto al periodo del regime mentre il settore privato pur essendo in crescita non consente tutele adeguate per i lavoratori che vengono in molti casi sotto-pagati o ammessi nel mercato del lavoro senza regolare contratto di lavoro ( i sindacati sono di fatto inesistenti avendo mantenuto la struttura e lo stesso  personale del periodo del regime). Secondo dati elaborati dall’INSTAT, il 16% degli uomini attivi  nel settore rurale sono registrati disoccupati contro un 21% delle donne attive e metà delle famiglie vive al disotto la soglia di povertà (estimata in 10.000 lek).  Il reddito medio mensile (circa 80 dollari) è il più basso in Europa.

L’agricoltura costituisce tutt’ora l’occupazione principale e la fonte maggiore di guadagno  (circa il 30% delle famiglie riceve il proprio reddito da attività agricole). Rispetto al settore delle imprese private, occorre rilevare che alla fine del 1998 erano registrate 87.731 imprese di cui 31.278 avevano interrotto la loro attività. Il 99% delle imprese erano attive erano private mentre solo l’1% erano statali. Il maggior sviluppo delle imprese si è registrato nel settore del commercio e dei servizi (84%) e si è concentrato intorno a Tirana. In generale le imprese registrate e attive sono di piccole dimensioni (10 lavoratori) e sono dislocate in massima parte nelle prefetture di Tirana, Fier, Korca e Durrazo.

Dopo la crisi del Kosovo, rimangono ancora aperti molti problemi che influenzano negativamente lo sviluppo economico del paese: la povertà diffusa; un sistema finanziario inadeguato; la mancato raccolta delle tasse; problemi nelle comunicazioni dovute alle pessime condizioni delle infrastrutture; spreco e inefficienza nei servizi pubblici; corruzione e criminalità organizzata; condizioni di  insicurezza  generale che inibiscono gli  investimenti esteri.

Transizione Sociale

L’Albania è un paese che nonostante le sue relative dimensioni geografiche presenta molte differenziazioni interne che spesso si caratterizzano anche come divisioni o conflitti: il Sud più ricco, più aperto agli scambi culturali, più sviluppato economicamente e il Nord dalle molte montagne che ne hanno fatto una zona isolata e impervia, più arretrata economicamente.

Come parte dei processi di trasformazione in atto, vi sono cambiamenti demografici notevoli e in continua evoluzione. L’Albania ha la popolazione più giovane in Europa (nel1997, il 52% della popolazione era al disotto di 24 anni). Il numero degli abitanti è quasi triplicato dal secondo dopo-guerra. L’Albania ha anche il record della mortalità infantile (nel 1997, 47x1000 nascite) e della più bassa longevità ( nel 997 raggiungeva appena i 68 anni) di Europa.

I flussi migratori verso le città dell’Albania e verso l’estero costituiscono un elemento di forte impatto economico, sociale e culturale. Oggi circa il 46% della popolazione vive nelle città (un aumento del 11%), principalmente Tirana, Durazzo, Valona, Shkodra.  Si tratta di un fenomeno ancora in atto e al di fuori del controllo delle istituzioni. I nuovi cittadini occupano spesso terre dello Stato o di altri proprietari senza premunirsi di un riconoscimento istituzionale. Nelle nuove periferie mancano i servizi minimi come centri sanitari, scuole e l’assenza dello Stato è percepibile ovunque. Nelle nuove periferie le attività illegali e di criminalità organizzata. Gli albanesi che emigrano all’estero utilizzano per la maggior parte le vie illegali, pagando organizzazioni criminali che vivono del traffico dei clandestini verso l’Italia e la Grecia, dove  l’Italia è speso  un ponte per altre mete come la Germania, la Svizzera, la Francia. Anche gli Stati Uniti e il Canada hanno accolto in questi ultimi anni molti cittadini albanesi.

Sono in aumento le categorie vulnerabili e l’esclusione sociale: bambini che abbandonano la scuola,  rischiano di divenire i futuri analfabeti in un paese che aveva sconfitto il fenomeno dell’analfabetismo ed era riuscito a avere un alto livello di scolarizzazione. Le donne sono sempre più spesso vittime di violenza familiare, costrette ai matrimoni precoci e  alla disoccupazione mentre le più giovani, soggette allo sfruttamento sessuale (secondo una ricerca del 1997 realizzata dall’Ong albanese “Useful to Women”, 10.000 giovani donne, spesso minorenni, sono state costrette alla prostituzione in Italia o in Grecia e un altro numero imprecisato in altri paesi europei. Cifre non verificabili al momento parlano di numeri più elevati). I giovani uomini costituiscono il gruppo-obiettivo per eccellenza della criminalità organizzata  e del traffico di droga nel nuovo crocevia albanese. Gli anziani e i bambini sono lasciati a se stessi e rifiutati dalla società perché non protetti dalla famiglia. Questo fenomeno, in aumento, è attribuibile alla dissoluzione della struttura familiare tradizionale a causa dell’immigrazione. I sistemi di assistenza sociale sono pochi e inadeguati anche per i disabili fisici (si stimano circa 27.000 in tutto il paese di cui 6.000 in gravi condizioni). Altre categorie tradizionalmente escluse in Albania sono le minoranze etniche (Rom, Vlach e altri) e  i “malati mentali”. Questi ultimi rimangono chiusi in manicomi che presentano condizioni infra umane, le più estreme. Nelle zone del nord, dove l’emigrazione verso le città ha portato con se il codice di regole consuetudinarie trasmesse oralmente e riconosciute con il nome  “Kanun”, esiste una nuova categoria di esclusi sociali tipicamente urbani: i “montanari” (o emigrati dalle montagne) e, come nelle montagne, anche le vittime del Kanun (prevalentemente maschi di tutte le età), costrette alla auto-reclusione domiciliare  per anni interi.

Infine, la società civile intesa come « lo spazio della sfera pubblica dove gruppi auto-organizzati, movimenti e individui, relativamente autonomi dal Governo, cercano di articolare valori, di creare associazioni e solidarietà e  di promuovere   i  loro interessi » (Linz  e Stepan, 1996), è ancora molto debole.  La tradizione organizzativa del regime comunista è servita in parte a dare vita ad altre forme più adatte alla transizione attuale. Tuttavia, in generale, essa non solo è stata rifiutata dalla società stessa in quanto percepita come reminiscenza di un regime politico sconfitto ma costituisce spesso un elemento inibitorio di qualsiasi forma di organizzazione sociale. Le nuove istituzioni, dal canto loro,  esprimo ancora diffidenza e riserva di fronte alle forme di organizzazione non governative della società.  Un elemento stimolante di questo processo è indubbiamente la presenza organizzata e massiccia delle diverse espressioni della società civile di altre parti del mondo, nonché dei finanziamenti esteri finalizzati alla promozione dell’organizzazione sociale albanese. Nell’ esplosione di Ong albanesi degli ultimi dieci anni, spesso dettata dal fine economico, non esiste  distinzione tra associazionismo generico e Ong di sviluppo.  E` necessario riconoscere comunque che, nei travagli di formazione della società civile, le donne albanesi costituiscono tutt’ora uno dei motori principali  dello sviluppo sociale.

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Cifre

Lo  Stato

Nome ufficiale: Republika e Shqipërisë

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Capitale: Tirana

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Superficie 28.748 km²

Divisioni amministrative (popolazione)

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Berat 136.939 (1993 stima)

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Bulqize 43.363 (1993 stima)

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Delvine 29.926 (1993 stima)

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Devolll 37.744 (1993 stima)

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Dibrë 91.916 (1993 stima)

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Durrës 162.846 (1993 stima)

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Elbasan 215.240 (1993 stima)

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Fier 208.646 (1993 stima)

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Gjirokastër 60.547 (1993 stima)

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Gramsh 42.087 (1993 stima)

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Has 21.271 (1993 stima)

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Kavaje 85.120 (1993 stima)

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Kolonjë 25.089 (1993 stima)

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Korçë 171.205 (1993 stima)

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Krujë 59.997 (1993 stima)

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Kucove 40.035 (1993 stima)

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Kukës 78.061 (1993 stima)

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Kurbin 50.712 (1993 stima)

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Lezhë 65.075 (1993 stima)

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Librazhd 75.300 (1993 stima)

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Lushnjë 136.865 (1993 stima)

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Malesi e Madhe 43.924 (1993 stima)

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Mallakaster 36.287 (1993 stima)

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Mat 75.436 (1993 stima)

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Mirditë 49.900 (1993 stima)

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Peqin 29.831 (1993 stima)

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Permët 36.979 (1993 stima)

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Pogradec 72.203 (1993 stima)

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Pukë 47.621 (1993 stima)

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Sarandë 53.730 (1993 stima)

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Shkodër 195.424 (1993 stima)

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Skrapar 44.339 (1993 stima)

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Tepelenë 42.365 (1993 stima)

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Tirana 384.010 (1993 stima)

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Tropojë 44.761 (1993 stima)

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Valona 171.131 (1993 stima)

Città principali (popolazione)

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Tirana 244.200 (1990 stima)

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Durazzo 125.000 (1995 stima)

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Elbasan 101.000 (1995 stima)

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Scutari 81.900 (1990 stima)

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Valona 73.800 (1990 stima)

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Korçë 65.400 (1990 stima)

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Fier 45.200 (1990 stima)

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Berat 43.800 (1990 stima)

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Lushnjë 31.500 (1990 stima)
 

Demografia

Popolazione 3.510.484 (2001 stima)

Incremento demografico 0,88% (2001 stima)

Densità di popolazione: 122 abitanti per km² stima

Popolazione urbana e rurale

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Popolazione urbana 39% (1999 stima)

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Popolazione rurale 61% (1999 stima)

Speranza di vita

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Totale 71,8 anni (2001 stima)

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Femmine 74,9 anni (2001 stima)

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Maschi 69 anni (2001 stima)

Tasso di mortalità infantile

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40 morti per 1000 nati vivi (2001 stima)

Tasso di alfabetizzazione

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Totale 98% (2001 stima)

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Femmine 96,7% (2001 stima)

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Maschi 99,2% (2001 stima)

Gruppi etnici

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Albanesi 95%

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Greci 3%

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Altri (valacchi, rom, serbi e bulgari) 2%

Lingua

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Albanese (il tosk è il dialetto ufficiale; il gheg è parlato principalmente nel Nord), greco

Religione

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Greci ortodossi 20%

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Cattolici 10%

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Musulmani 70%

Ordinamento dello Stato

Forma di governo Repubblica parlamentare

Formazione dello stato28 novembre 1912 (dall'impero ottomano)

Costituzione: Una nuova Costituzione è entrata in vigore il 28 novembre 1998

Diritto al voto: Universale e obbligatorio all'età di 18 anni

Economia

Prodotto interno lordo (PIL): 3.676 milioni di $ USA (1999)

PIL pro capite ($ USA) 1.090 (1999)

PIL per settore economico

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PIL: agricoltura 52,6% (1999)

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PIL: industria 26% (1999)

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PIL: servizi 21,4% (1999)

Bilancio statale

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Entrate 592 milioni di $ USA (1998)

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Spese 911 milioni di $ USA (1998)

Moneta: 1 lek (L) = 100 quindarka

Esportazioni: Bitume, cromo, rame, nichel, pellami, elettricità, petrolio greggio, ortaggi, frutta, tabacco

Importazioni: Macchinari, beni di consumo, cereali, automobili, macchinari industriali, fertilizzanti

Partner commerciali: esportazioni
Italia, Repubblica ex Iugoslava di Macedonia (FYROM), Germania, Grecia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Polonia, Romania, Bulgaria, Ungheria

Partner commerciali: importazioni
Italia, Repubblica ex Iugoslava di Macedonia (FYROM), Germania, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Romania, Polonia, Ungheria, Bulgaria, Grecia

Industria e servizi
Settori: alimentare, tessile e dell'abbigliamento, petrolifero, chimico, minerario (metalli di base), del legno, del cemento

Agricoltura e allevamento
Prodotti principali: frumento, granturco, barbabietole da zucchero, semi di girasole, tabacco, frutta, patate

Risorse naturali
Petrolio, gas naturale, carbone, cromite, rame, legname, nichel, lignite, asfalto, oro, argento, bauxite, zinco

Fonti

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Informazioni Utili

Documentazione

Per l'ingresso nel Paese è necessario il passaporto in corso di validità. Al momento dell'ingresso ai cittadini italiani è richiesto il pagamento di una tassa di ingresso di 10$. All'uscita dal Paese la tassa da pagare è di 10$.

Viabilità

Per la guida è sufficiente la patente italiana. E' possibile entrare con un autoveicolo dichiarando alla dogana se lo si introduce definitivamente o temporaneamente. Si riceverà un foglio d'ingresso che all'uscita dovrà essere presentato per il calcolo della tassa di circolazione (1 dollaro al giorno per automobili di media cilindrata).

 

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Si raccomanda estrema cautela nella guida in quanto tutte le strade urbane ed extraurbane vengono percorse da ciclisti, pedoni, carri a trazione animale, mezzi agricoli, animali da pascolo, cani randagi, mezzi agricoli, ecc. che di notte possono non essere distinguibili con luci e catadiottri. La stessa autostrada Durazzo-Tirana viene attraversata da pedoni ed animali.

In caso di incidenti stradali chiedere l'intervento della polizia con il numero telefonico 19 recentemente istituito ma solo in pochi centri principali, oppure quello della nostra Cancelleria Consolare.

Clima e fuso orario

Clima continentale con notevoli escursioni termiche notturne e diurne. Temperature elevate durante l'estate e basse nelle zone montuose del nord e nord-est durante l'inverno (simile a quella della Regione Puglia). Il fuso orario è identico a quello italiano (GTM +1), al quale si uniforma anche per l'inizio e la fine dell'ora legale.

Situazione sanitaria

Le strutture ospedaliere non raggiungono ancora gli standard italiani: si suggerisce la stipula di un assicurazione (tipo Europe Assistance) per l'eventuale rimpatrio in Italia. Secondo quanto indicato dal centro specialistico di vaccini internazionali della USL di Roma (Via Plinio – tel. 0668351) e' consigliabile procedere a vaccinazione per Epatite A, Epatite B, Difterite Tetano e richiamo Polio (si suggerisce comunque di contattare il centro prima di partire per ogni aggiornamento).

Valuta

La valuta corrente è il LEK, che vale circa 0.01 Euro. Sono comunque bene accette tutte le altre valute occidentali (valute preferite: dollaro USA, Euro). I pagamenti con carta di credito sono ancora difficilmente accettati, se non nei grandi alberghi.

Avvertenze

Si consiglia di portare al seguito lampade ricaricabili, bere solo acqua imbottigliata, non mangiare cibo crudo e carne macinata, lavare sempre e disinfettare prima del consumo frutta e verdura. Si raccomanda in particolare ai natanti di evitare di avvicinarsi alle coste albanesi senza avere preventivamente ottenuto (48 ore prima) la necessaria autorizzazione.


 

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 Ultima revisione dicembre 2002 - progetto utopie - credits

Sito realizzato da maurizio pittau in collaborazione con l'agenzia teuleda